“Per la prima volta nella storia della Chiesa e nella nostra storia personale siamo costretti ad un prolungato e doloroso ‘digiuno eucaristico’. La cosa provoca sconcerto e dà” spunto per “riflettere. Non pochi si chiedono se siano legittime le sospensioni su tutto il territorio nazionale, in luogo pubblico o privato, anche delle celebrazioni religiose”. Parte da qui la riflessione di mons. Alceste Catella, vescovo emerito di Casale Monferrato, pubblicata oggi sul settimanale diocesano “La Vita casalese”.
Ricordando che “a fronte dell’innegabile diritto di libertà religiosa, la stessa dottrina cristiana considera che in determinate evenienze l’autorità civile possa legittimamente porre dei limiti al relativo esercizio”, il vescovo richiama “il principio morale della responsabilità personale e sociale nell’esercizio dei diritti, anche quelli qualificabili come naturali o fondamentali; esercizio che non può ledere altri diritti, i diritti degli altri alla salute”.
Mons. Catella punta il dito contro quelli che invece di percorrere la strada “della ragione, della ragionevolezza e dell’etica umana e cristiana”, “propongono vie di eroismo, di contrasto frontale con le disposizioni di legge…”. “Solo che – osserva – lo fanno seduti alla tastiera del computer e questo ‘mi puzza’” di “bigottismo furbo e feroce”.
Per il vescovo, “occorre innanzitutto ricordare che cosa è fondamentale nelle fede e nella vita cristiana e in questo peculiare momento credo essenziale mettersi con impegno (‘convertendoci’) a creare relazioni”. “Se crediamo e professiamo che Dio si rivela incarnandosi e attraversando tutta una vicenda pienamente umana che trova compimento nella risurrezione (una rivelazione che è tra carne e corpo) allora – spiega Catella – possiamo cominciare a capire che l’esperienza liturgica si inserisce in questa trama capace di tenere insieme l’uomo, tutto l’uomo: spirito, carne, relazioni”.
“Non vi pare che pur nella sua drammaticità questo tempo possa proprio aiutarci a riscoprire i legami familiari ed esistenziali?”, chiede. “Mi verrebbe da dire – prosegue – a ‘preparare la materia’ che renderà vere, piene di verità le nostre celebrazioni quando sarà possibile viverle, quando il duro allenamento ci permetterà di riscoprire i legami comunitari da vivere nell’assemblea liturgica con ‘partecipazione davvero attiva’, da viversi nella quotidianità”.
Inoltre, “riscopriamo oggi la dimensione ‘domestica’ della fede: nella preghiera, nella riflessione condivisa, nella lettura di qualche pagina biblica, nell’umile e grande preghiera del Rosario, nella tenerezza e nell’affetto, nell’aiuto reciproco”. “E non vergogniamoci di aver paura”, l’esortazione del vescovo. “Vivendo questi sentimenti anche le povere e disadorne celebrazioni che possiamo seguire con i mezzi di comunicazione sociale – conclude – non saranno passivamente guardate, ma attivamente e realmente partecipate”.