“Dobbiamo fare tutti una riflessione su come, in questo paese, è stato garantito, per i medici e gli operatori sanitari, il diritto alla sicurezza sul posto di lavoro. Lo dobbiamo a tutti i colleghi deceduti, a tutti i professionisti che hanno sacrificato la loro vita nel tentativo di curare e salvare i pazienti. Dobbiamo ripensare il sistema, oggi particolarmente fragile e incapace di rispondere al bisogno di sicurezza dei professionisti. Ogni vittima ha scavato un solco profondo sulla pelle e nel cuore di ogni medico italiano. Le lacune e le omissioni organizzative sono difficilmente comprensibili e ancor più difficilmente giustificabili, alla luce di questi numeri drammatici”. È il commento del presidente della Federazione nazionale ordini medici (Fnomceo), Filippo Anelli, nel giorno in cui il triste elenco dei medici che hanno perso la vita nel corso dell’epidemia di Covid-19, pubblicato sul sito listato in nero, conta 100 nominativi. “La maggior parte . prosegue – erano medici di medicina generale, mandati a combattere a mani nude contro il virus, senza gli adeguati dispositivi di protezione, ma anche pneumologi, medici penitenziari, medici legali”. “La professione – conclude – è unita nel cordoglio, piange i suoi morti e lotta per proteggere i colleghi e i cittadini. Vorremmo che lo Stato fosse altrettanto unito, senza divisioni tra Governo centrale e Regioni, tra Regioni e Comuni, ma in una leale collaborazione e virtuosa sinergia, nel tutelare i suoi medici, i suoi professionisti della salute, il suo Servizio sanitario nazionale”.