Banchi vuote, sedie rivoltate, lavagne pulite. Aule e corridoi in rigoroso silenzio, solitamente rumorose e chiassose. L’Istituto Vendramini di Pordenone è stato il 2° luogo-simbolo scelto dal vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Giuseppe Pellegrini, per vivere la Settimana Santa in tempo di pandemia da coronavirus. 486 studenti, 45 docenti, 4 del personale Ata, 6 ragazzi con disabilità, 8 stranieri (Pakistan, Senegal, Cina) il Vendramini vede all’attivo: scuola primaria, scuola secondaria 1° grado, liceo delle scienze applicate. Ad accogliere mons. Pellegrini la preside dell’Istituto, Anna Romano. Come Giuda, “anche noi, se non stiamo attenti, possiamo tradire questo tempo di pandemia che viviamo non a causa del denaro, ma a motivo della paura e del disimpegno. Sono convinto che quando i vostri alunni si collegano con voi insegnanti per la lezione sullo schermo, non vedono solo il loro docente, ma oggi hanno bisogno di vedere anche un testimone, un riferimento di solidità in questi giorni sballottati dal vento della morte”, ha osservato il presule. “Possiamo tradire questo tempo se non raccogliamo l’insegnamento che ci arriva da quanto stiamo vivendo: siamo sicuri che la normalità che prima del virus vivevamo era veramente vita? Siamo sicuri di voler ritornare a quel tempo che Papa Francesco nella piazza vuota in S. Pietro ha definito ‘a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto, avidi di guadagno, lasciandoci assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta’? Investiamo questi giorni per il futuro educativo”, l’invito del vescovo.
Ieri, invece, mons. Pellegrini ha voluto celebrare la Messa accanto alle macchine ferme dell’azienda macchine tessili Savio di Pordenone. Per il vescovo ha un significato particolare: essere vicini al mondo del lavoro dell’intero territorio della diocesi, molto provato in questo tempo di pandemia. Circondato da fili, rocchetti, macchinari si è svolta la celebrazione, con stile sobrio e partecipato. Nel 2011 la Savio ha celebrato 100 anni. “C’è carissimi un contagio buono – ha sottolineato il presule -: abbiamo bisogno di contagiarci reciprocamente nel non lasciarci rubare la speranza e la fiducia dai nostri cuori. Ed è proprio il Vangelo a parlarci di Giuda come ladro. Eppure Gesù verso Giuda ha uno sguardo buono, non perché compie un’azione sbagliata, ma perché è suo figlio”. Per il vescovo, “è questo lo spirito proprio di un’azienda: sentirsi fratelli e solidali soprattutto in questo momento di difficoltà. So bene che non sarà semplice la ripresa lavorativa dopo il fermo forzato, con perdita di capitale. Ma sono altresì convinto che sarete capaci, dirigenti e operai insieme, a trovare vie inedite che nascono proprio dalla fatica”.