“La Quaresima che abbiamo vissuto ha portato tutti a rientrare in noi stessi per metterci in ascolto della verità che ha scosso la nostra umanità” ritrovandoci “impauriti e smarriti”. Lo scrive don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, nel suo messaggio per Pasqua, in tempo di pandemia.
“L’emergenza vissuta nel pieno del tempo quaresimale che è alle nostre spalle ha messo a dura prova le attività lavorative delle nostre carceri, le criticità vissute hanno impegnato notevolmente tutte le forze a disposizione. Un’emergenza non ancora rientrata che – sottolinea don Grimaldi – ci pone tutti in un atteggiamento di vigilanza”, ma “noi tutti, credenti e non, mai come in questo momento, siamo chiamati ad essere uomini di ‘Speranza’ e vedere, al di là ‘delle fitte tenebre che si sono impadronite della nostra vita’, la Luce di un Dio che non muore, ma che ci invita a guardare la vita, la vittoria certa, fatta di lotta e di impegno comune”.
In questo periodo di “grande tempesta”, “tutti noi siamo invitati ad una responsabilità comune ‘chiamati a remare insieme’ per affrontare le difficoltà del momento”.
“Intorno a noi tocchiamo le macerie causate da questa subdola epidemia – prosegue il sacerdote -, stiamo sperimentando la nostra fragilità umana e nonostante le nostre avanzate tecnologie siamo stati schiacciati e ci sentiamo sconfitti”. Eppure, in questi giorni di Pasqua, “nonostante tutto – osserva l’ispettore generale – le campane suoneranno ancora per annunciare il Cristo risorto”. E “a noi tutti viene donato un grido di speranza: ‘Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto'”.
Poi l’invito: “Il Cristo risorto non cerchiamolo però lontano da noi, Lui è più che mai presente. Lui continua la sua passione in tutti gli ammalati che in questi mesi affollano i nostri ospedali. Lui continua a rialzarci e a fasciare il nostro dolore, attraverso i tanti medici e operatori sanitari che con grande abnegazione stanno donando anche la loro vita. Lui continua ad incontrare gli ultimi, i poveri, gli emarginati, attraverso gli uomini e donne di buona volontà che, in questo tempo, con le loro mani offrono solidarietà e attenzione”.
In questi giorni “ognuno di noi si interroga: quando finirà questa sofferenza, questa guerra mondiale, causata da un nemico invisibile? Cosa possiamo fare in questo tempo di smarrimento noi che crediamo in un futuro migliore?
Rimettiamo prima di tutto al centro l’uomo, mettiamo da parte gli egoismi e remiamo insieme per costruire la civiltà dell’amore. Siamo certi che il Signore porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai”.