Se ne parla tanto ma bisogna fare di più: questo dice oggi un nuovo rapporto del gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sull’azione contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (Grevio) che monitora l’attuazione della “Convenzione di Istanbul”. È vero che molti Paesi hanno introdotto “standard legislativi e politici più elevati” a livello nazionale, espandendo le norme a contrasto della violenza sulle donne in linea con le disposizioni della Convenzione e adottando i piani d’azione richiesti. Alcuni Stati hanno lavorato anche nel senso di una trasversalità degli interventi. Eppure restano da affrontare “problemi persistenti” come la scarsità dei servizi di supporto specialistico per le vittime di violenza contro le donne e il loro finanziamento “estremamente volatile”. Particolarmente grave è la carenza di centri di riferimento specificatamente per le vittime di violenza sessuale. Grevio solleva anche questioni giuridiche come le definizioni di stupro che richiedono prove del fatto che l’autore abbia usato “la coercizione o che la vittima non abbia reagito”, mentre secondo la Convenzione di Istanbul sono da “criminalizzare tutti gli atti non consensuali di natura sessuale”. O ancora la neutralità di genere con cui si affronta la violenza domestica nei testi legali, sottovalutando “un meccanismo sociale che mantiene le donne in una posizione subordinata”. Fragile è la situazione delle donne vittime nel contesto della custodia e dei diritti di visita dei bambini.
Infine Grevio torna sul fatto che una “falsa narrativa sugli scopi della Convenzione ha ostacolato ulteriori ratifiche”: mancano all’appello Regno Unito, Ucraina, Slovacchia, Moldavia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Repubblica Ceca, Russia, Bulgheria, Armenia, Azerbaijan.