Primo maggio: vescovi siciliani, “emerse le fragilità dei sistemi che dovrebbero tutelare i più deboli”

È dedicato alle “fragilità sociali ed economiche della Sicilia al tempo della pandemia” il messaggio che la Commissione dell’Ufficio per i Problemi sociali e il Lavoro della Conferenza episcopale siciliana ha diffuso in occasione del 1° maggio. Si pone in continuità con il messaggio dei vescovi italiani e, al contempo, “tiene conto delle specificità della Regione”. “La pandemia del Covid-19 – si legge nella nota – ha fatto emergere, anche in Sicilia, le fragilità dei sistemi dello stato sociale che dovrebbero assicurare la tutela dei più deboli. A partire dalla sanità che, messa a dura prova, ha mostrato i suoi problemi strutturali di carenza di personale, di mezzi e di strutture. Problemi che si sono tradotti in lunghe attese per avere gli esiti degli esami oppure per i ricoveri”.
Per la Commissione diretta da don Sergio Siracusano, quelle indicate “sono situazioni che dimostrano come nella nostra Regione, solo grazie al basso numero di contagi le conseguenze drammatiche della pandemia sono state più contenute rispetto a quelle viste in altre parti del Paese”. Nel messaggio, l’attenzione delle Chiese di Sicilia raggiunge i “lavoratori irregolari, in nero o persone la cui condizione non rientra nelle previsioni normative”, che “rimangono totalmente escluse dalle misure di supporto al reddito messe in campo dalle istituzioni pubbliche, esposte alle violente conseguenze della crisi economica”. Il pensiero anche a quanti, “decisi a restare nella loro terra”, oggi “offrono manodopera a basso costo pur di allungare il guadagno per arrivare a fine mese”.
Dalla Chiesa siciliana l’appello alle istituzioni affinché “si mettano al servizio della dignità e del fine dell’uomo, rimuovendo gli ostacoli legislativi o burocratici che creano differenze ed impediscono alle persone di vivere in condizioni di certezze per il presente e di speranza per il futuro”. “C’è il rischio che chi è ai margini resti sempre più escluso nell’indifferenza generale”.

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