Sarà il vicario generale, mons. Ermenegildo Manicardi, a rappresentare la diocesi di Carpi alla commemorazione del 75° anniversario della Liberazione sabato 25 aprile a Carpi. La cerimonia, necessariamente senza pubblico, prevede gli interventi del sindaco Alberto Bellelli e del presidente dell’Anpi di Carpi Stefano Barbieri e la presenza dei rappresentanti delle Forze dell’ordine cittadine. Il programma della mattinata prenderà avvio alle ore 10 in corso Alberto Pio con la deposizione di una corona d’alloro sotto la lapide che ricorda il beato Odoardo Focherini. Qui mons. Manicardi rivolgerà al beato carpigiano una preghiera di intercessione per il dono della pace e invocherà protezione e salute per tutta la città di Carpi. Il corteo si sposterà poi in piazza Martiri per l’omaggio ai sedici antifascisti trucidati nell’agosto 1944 con le orazioni ufficiali delle autorità.
Sarà possibile seguire la cerimonia in diretta streaming sul sito della diocesi di Carpi e sulla pagina facebook “ComunediCarpi”.
Il settimanale diocesano “Notizie” ha dedicato alla commemorazione del 75° anniversario della Liberazione due interventi affidati agli storici Fabio Montella e Giovanni Taurasi. Montella ha riportato l’attenzione sul coinvolgimento dei sacerdoti carpigiani nella Resistenza ricordando che, “in una preziosa testimonianza rilasciata dopo la guerra, il vescovo Federico Dalla Zuanna ricordò i nomi di 22 sacerdoti (sui circa 70 presenti in diocesi) che nel momento più buio avevano mostrato un contegno eroico e che per questo motivo furono ‘rastrellati, ingiuriati, percossi, incarcerati, minacciati di morte’”.
A Giovanni Taurasi il compito di far riemergere, nel 75° anniversario della morte, la figura di un giovane cattolico carpigiano poi trasferito a Bologna con la famiglia, Giuliano Benassi, coinvolto nella Resistenza, arrestato e deportato in un lager tedesco, dove morì il 27 aprile del 1945. Nonostante la giovane età, poco più che ventenne, Benassi ebbe il coraggio di fare la scelta di campo che gli costò la vita, come ricorda Taurasi: “Quando, nel marzo del 1944, Benassi fu richiamato dai bandi della Repubblica sociale, non rispose alla chiamata alle armi, consapevole del rischio di fucilazione, e scrisse al fratello Alfredo: ‘Poche parole per comunicarti quella che è la mia decisione lungamente meditata e perciò irrevocabile. Non mi presento’”.