Anche quest’anno si celebra la Settimana delle vaccinazioni, che si è aperta ieri a livello europeo (European Immunization Week, 20-26 aprile) e si chiuderà il 30 aprile con la fine della Settimana mondiale delle vaccinazioni (World Immunization Week, 24-30 aprile). Promossa dall’Oms per sensibilizzare popolazione, operatori sanitari e decisori sull’importanza dei vaccini in tutte le fasi della vita, la settimana è sostenuta da partner nazionali e internazionali, tra cui Unicef e Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Le vaccinazioni, sottolinea l’Oms, “salvano milioni di vite ogni anno e sono ampiamente riconosciute come uno degli interventi sanitari più efficaci e convenienti al mondo. Tuttavia la copertura globale è rimasta la stessa negli ultimi anni e ci sono ancora circa 20 milioni di bambini nel mondo che non ricevono i vaccini di cui hanno bisogno”. Prevent, protect, immunize le tre parole chiave, “anche in un anno così particolare come questo in cui la sanità mondiale è travolta dalla pandemia da Covid-19”.
Mentre gli scienziati in tutto il mondo stanno lavorando per cercare un vaccino efficace contro il coronavirus, l’Oms sottolinea che è essenziale, nonostante la situazione, che “i Paesi mantengano il più possibile le normali attività vaccinali, soprattutto per le vaccinazioni del ciclo primario (in particolare i vaccini contenenti morbillo-rosolia o pertosse, poliomielite e altri vaccini combinati) e quelle per le persone più vulnerabili (in particolare contro influenza e pneumococco). Un’interruzione dei servizi vaccinali, infatti, anche se temporanea, porterebbe a un accumulo di persone suscettibili e a un maggiore rischio di epidemie di malattie prevenibili da vaccino. È fondamentale pertanto ridurre al minimo questo rischio, soprattutto in un sistema sanitario già provato dalla risposta all’epidemia di Covid-19”. Per Gianni Rezza, direttore Dipartimento malattie infettive Istituto superiore di sanità (Iss) “è importante mantenere le vaccinazioni anche e soprattutto durante l’epidemia, altrimenti rischieremmo di aggiungere a un fenomeno nuovo vecchi problemi causando la riemergenza di malattie infettive precedentemente prevenute o controllate dai vaccini”.