“Come cristiani, siamo chiamati a mettere sulle nostre spalle le strutture malate del mondo per guarirle, cioè siamo chiamati a impegnarci efficacemente nella trasformazione dell’attuale ordine mondiale, che mostra sempre più i suoi limiti, per creare le condizioni per una vita umana dignitosa per tutte le persone, tutti i popoli e le loro culture”. È uno dei passaggi più forti dell’intervista rilasciata dal generale dei Gesuiti, il venezuelano Arturo Sosa, alla rivista Sic del Centro Gumilla di Caracas.
Secondo il religioso, “questa pandemia non è la fine della storia o la fine della vita umana. Senza voler per nulla sminuire così tanta sofferenza e il così grande dolore che ha prodotto, vorrei che la morte ingiusta di decine di migliaia di esseri umani a causa di essa potesse aprire gli occhi su molte altre situazioni in cui decine di migliaia di esseri umani muoiono, anche senza che ci prendiamo cura di loro o delle ingiustizie che causano queste morti. Ad esempio, il crollo dei servizi sanitari a causa della pandemia può aprire gli occhi su milioni di esseri umani che sono permanentemente trascurati nelle loro condizioni di vita e sono impossibilitati a vivere in salute e a essere curati, quando ne hanno bisogno”.
Dichiara, tra l’altro, padre Sosa: “Non possiamo essere ingenuamente ottimisti o pensare che la percezione della pandemia ci unisca automaticamente. Da qualche parte ho letto che l’umanità è nella stessa tempesta, ma non tutti siamo effettivamente sulla stessa barca. Ci sono enormi differenze nelle condizioni in cui soffriamo la pandemia. La lezione che può derivare da questa tempesta può essere molto diversa a seconda della barca su cui è attraversata. Ancora una volta i più poveri sono i più colpiti”.
E conclude: “È anche responsabilità di quelli di noi che si sentono discepoli di Gesù Cristo, il Risorto Crocifisso, di non perdere questa occasione per comprendere meglio la missione a cui siamo stati chiamati e impegnarci a cercare e trovare nuovi modelli di relazioni tra gli esseri umani e l’ambiente e dedicarci con tutta la nostra energia a metterli in pratica”.