L’epidemia ha tolto certezze ma di fronte a “sguardi pieni di domande e domande piene di paure” il ruolo dell’infermiere è “fare tutto il possibile, sempre”, si legge ancora nel “Manifesto deontologico” per la pandemia Covid-19 diffuso il 20 aprile dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). Quanto alla relazione di cura: nella pandemia “essere riconosciuti passa dagli sguardi e dalle mani, dall’esserci e dal gesto di cura, il tempo che gli infermieri passano con chi assistono non è basato sulla quantità a sull’intenzionalità: assistiti e familiari vedono e sentono che non sono lasciati in abbandono”. L’infermiere si impegna inoltre perché venga tutelata sempre la riservatezza degli assistiti: nelle carte, negli spazi, nella sottrazione agli sguardi.
Per quanto riguarda la comunicazione scientifica ed etica,“può diventare un riferimento per i cittadini, nella loro esigenza di essere informati correttamente e senza accedere a fonti avvelenate”. Necessariamente alta l’attenzione alla palliazione del dolore: l’infermiere è “l’interlocutore essenziale delle persone assistite, per garantire quel sollievo che sembra ancora così difficile da ottenere”. Il Manifesto sottolinea inoltre che riorganizzazione dei percorsi e formazione del personale rispetto all’area intensiva e al rischio infettivo “sono di matrice infermieristica” e l’apporto clinico, di consulenza e organizzativo vede la professione “come parte integrante e proattiva del sistema”. L’infermiere è infine responsabile della documentazione clinica e deve vigilare sulla corretta applicazione delle linee guida e delle buone pratiche “promuovendone il continuo aggiornamento”.