“Al momento, l’attenzione, le risorse e gli sforzi degli Stati sono giustamente dedicati alla repressione della pandemia di Covid-19 e alla protezione della salute e della vita di milioni di persone in Europa. Ma quando la pandemia sarà sotto controllo, gli Stati dovranno raddoppiare i loro sforzi per risolvere annose carenze in termini di giurisprudenza, prassi e narrativa, lesive della dignità umana e i diritti umani”. È il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, ad affermarlo alla luce della sua Relazione di attività del 2019, uscita oggi: 42 pagine in cui racconta quanto ha visto nei suoi viaggi e incontri, attraverso la lente dei diritti umani. “L’immagine che ottengo dal mio lavoro è di un’Europa che gira in tondo, incerta sulla direzione da prendere e sugli obblighi in materia di diritti umani che gli Stati membri hanno concordato volontariamente”, afferma il commissario. Cinque i temi emersi come particolarmente spinosi: la crescente accettazione politica e sociale del razzismo; l’inosservanza dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati; le minacce ai diritti delle donne; la repressione del dissenso; e l’erosione dell’indipendenza giudiziaria. A questi vanno aggiunti gli usi non regolamentati delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale che spesso producono violazioni in termini di privacy, uguaglianza e libertà di espressione e riunione. In tutto questo la pandemia “sta esacerbando problemi di vecchia data e sottolineando le debolezze del sistema europeo di protezione dei diritti umani”.