“Il 25 marzo 1995, san Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Evangelium vitae, frutto di una lunga elaborazione che aveva coinvolto l’episcopato di tutto il mondo: infatti, nella Pentecoste del 1991, il Papa aveva scritto una lettera personale a ciascun vescovo per avere la sua collaborazione nella stesura di uno specifico documento, richiesto dai cardinali nel Concistoro straordinario del 4-7 aprile 1991, che avrebbe dovuto ‘riaffermare con l’autorità del Successore di Pietro il valore della vita umana e la sua inviolabilità, in riferimento alle attuali circostanze ed agli attentati che oggi la minacciano’ (Ev 5). Ricordo l’antefatto dell’enciclica perché è l’esempio di un percorso sinodale e collegiale di tutti i pastori della Chiesa”. Lo scrive in un editoriale su “Il Ticino” di Pavia il vescovo della diocesi, mons. Corrado Sanguineti. “Papa Francesco – prosegue – ha dedicato l’udienza generale in ‘streaming’ del 25 marzo scorso a rievocare l’anniversario del documento, richiamando l’attualità del suo messaggio che mette al centro il Vangelo della vita. Già il titolo esprime l’essenziale, perché il Vangelo della vita è l’annuncio buono e bello sul valore e la preziosità di ogni vita umana, consegnato dal Signore alla sua Chiesa”. Ma “Vangelo della vita” può anche significare che la vita stessa, “come dono affidato alla nostra cura e responsabilità, è in sé un annuncio buono, un segno di speranza”.
“Stiamo condividendo un’esperienza drammatica – conclude mons. Sanguineti –, determinata dall’epidemia in corso, ed è impressionante vedere come lo sguardo naturale e immediato di tutti veda ogni vita, anche debole e avanzata negli anni, come un bene assoluto da custodire, da servire e da amare: davvero siamo testimoni della dedizione che ogni vita merita e chiede, e tocchiamo con mano il senso più alto e nobile della professione medica, che fin dai tempi antichi, si è concepita al servizio della vita e non della morte!”.