“Non potremo mai accettare l’idea che dei bambini continuino a vivere dietro le sbarre, tanto più oggi nel pieno dell’emergenza coronavirus. Questi bimbi, che non hanno commesso alcuna colpa, sono esposti ad un enorme rischio in carceri sovraffollate”. Lo dichiara Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23), in seguito alla notizia della prima vittima tra i reclusi e della diffusione della pandemia nelle carcere italiane, a partire da quello di Rebibbia. Secondo i dati forniti dal ministero della Giustizia al 31 dicembre 2019 sono presenti nelle carceri italiane 48 bambini che vivono al seguito delle loro madri che stanno scontando la pena.
“Si conceda alle mamme ed i loro figli di essere accolti presso le case famiglia – propone Ramonda – e, laddove questo sia impraticabile per le loro mamme, si liberino questi bambini con il collocamento presso parenti idonei e/o famiglie affidatarie”.
La pandemia attuale riapre una delle profonde ferite del diritto penale italiano. La legge n. 62/2011, in materia di detenute madri, presenta limiti che debbono essere superati. Se le prospettive di riforma erano già urgenti, ora sono ancor più esigenti a causa del sovraffollamento delle carceri.
“È indispensabile adottare provvedimenti eccezionali e indifferibili – conclude Ramonda – tali da non permettere a nessun bambino di continuare a scontare la pena in carcere con le proprie madri. Il Paese abbia a cuore le sorti di questi bambini che vivono in galera senza alcuna colpa. Il Paese non volti la faccia e protegga questi suoi figli”.