“In questo tempo di esilio, prepotente, senza nessuna delicatezza, è riemersa, imponendosi, la realtà della morte. Da qualche giorno ha un spazio rilevante ed evidente sulle prime pagine di ogni giornale, ma soprattutto occupa la mente e turba il cuore di ciascuno di noi”. Lo scrive il vescovo di Termoli-Larino, mons. Gianfranco De Luca, nella quarta lettera “dall’esilio” alla comunità, in tempo di emergenza coronavirus e di sospensione delle attività pastorali. “Attraverso il tam-tam dei resoconti quotidiani – aggiunge –, la impossibilità della celebrazione di riti religiosi, e la restrizione quasi totale delle altre manifestazioni di cordoglio e di vicinanza a quanti da essa vengono colpiti, la morte si presenta in tutta la sua ineluttabilità e la sua durezza, verrebbe da dire, crudeltà”. Ma il presule ricorda il brano del Vangelo di Giovanni che racconta della risurrezione di Lazzaro: “Se la promessa dell’apertura dei sepolcri e della conseguente non definitività della morte, risponde a quanto vive nel cuore di ognuno di noi, il racconto del vangelo mi dice concretamente come questo può diventare per me esperienza e risignificare tutta la mia esistenza già da adesso”.
Guardando alla rianimazione di Lazzaro che Gesù opera, il vescovo la definisce “il segno di una realtà più grande e per tutti, in Lui e grazie a Lui, la morte non è la parola ultima, ma penultima, della nostra esistenza; è la vita in pienezza la parola definitiva, infatti Lui è la risurrezione e la vita e chi crede in lui. anche se muore, vivrà”.