“Carissimi fratelli ristretti, la mia non è una visita di cortesia e neppure frutto di un invito ufficiale. Ho sentito il bisogno di essere per un po’ in mezzo a voi. Naturalmente, come i tempi del coronavirus ce lo consentono, con mascherina e guanti. E questo mi mette un po’ a disagio”. Con queste parole il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti ha salutato, stamattina, una rappresentanza di detenuti, di detenute e del personale di sorveglianza della casa circondariale in località Capanne di Perugia, nella mattinata del 18 aprile.
“È indubbio che stiamo attraversando tempi difficili. Il coronavirus è un nemico impietoso, che in tanti casi distrugge la vita”, ha osservato il porporato, che pensa anche alle difficoltà delle famiglie e dei detenuti: “Sempre ho pregato per voi, come tante volte vi ho assicurato, ora la mia preghiera, avendo anche più tempo libero, nonostante le preoccupazioni per la nostra diocesi e per l’Italia, è più supplice. Penso a tanti di voi, ristretti in spazi, certamente limitati, lontani dai vostri cari e dagli affetti più belli e naturali. Privati della vostra famiglia e della vostra libertà. La libertà, come dice Dante, è il più grande dono che Dio ci abbia fatto, creandoci”.
E ha aggiunto: “Cari fratelli, spesso dimenticati dalla società – ha evidenziato il presule –, che risentite fra le vostre fragilità anche questa pena dell’abbandono, per voi in particolare i problemi, in questo tragico contingente, si sono certamente aggravati. Io ringrazio ancora la direzione e coloro che accudiscono il carcere, perché nella mia lunga esperienza ho sempre trovato in essi un cuore buono; ma purtroppo nessuno può fare miracoli”.
Soprattutto in questo periodo, ha confidato l’arcivescovo, “sono molto preoccupato anche per la grave crisi economica, che, già accentuata dalla pandemia, si abbatterà su tutta la nazione. I rischi per la salute, la necessaria mancanza di contatti con l’esterno e, per voi, le visite e i permessi aboliti come pure la mancanza di possibilità di qualche lavoro fanno sì che il carcere diventi ancor più problematico di quanto non lo fosse già nel passato. Forse anche come Chiesa, dovremo trovare nuove forme suggerite dall’amore e dalla fantasia e, soprattutto, dal Vangelo”. Il card. Bassetti ha ricordato di aver “visto, girando per l’Italia, in qualche diocesi, delle case in cui si accolgono i carcerati quando arrivano verso il fine pena, oppure coloro che, ottenuto il permesso, non hanno la possibilità di tornare in famiglia”. “Credo – ha concluso – che anche da parte della nostra diocesi sarà opportuno pensare a tali iniziative di carità, perché particolarmente i carcerati possano sentirsi amati, rispettati e accolti”.