Un progetto per conoscere e affrontare gli effetti della pandemia di Covid 19 nelle aree di conflitto in alcuni Paesi mediorientali dove l’accesso alle cure mediche e alla distribuzione di prodotti sanitari è già limitato: a lanciarlo sono il governo del Sovrano Ordine di Malta e il think tank londinese Forward Thinking che lo hanno chiamato “Doctor to Doctor” perché consente il collegamento su una piattaforma virtuale di esperti sanitari per condividere le conoscenze e promuovere una migliore comprensione di best practices, protocolli e strategie da adottare per contenere l’infezione da Coronavirus tra la popolazione. Il progetto è partito con due workshop distinti tra i medici palestinesi e un pool di esperti italiani e si ripeterà nei prossimi giorni con altri Paesi, a cominciare dalla Giordania e dal Libano. Oltre a medici e professori specializzati in farmacologia come Lucio Rovati, Ambasciatori e responsabili di organizzazioni dell’Ordine di Malta, ha partecipato alla prima conferenza online anche Guido Bertolaso, già capo della Protezione Civile italiana e consulente speciale per la regione Lombardia nell’emergenza Covid-19. Quest’ultimo ha insistito sul fatto che il distanziamento sociale tra la popolazione e il mantenimento delle misure di isolamento già in vigore sono fondamentali per contenere il contagio. Nei workshop è stato affrontata la situazione a Gaza. Sebbene nella Striscia ci siano meno di 20 casi confermati di Covid-19, l’altissima densità di popolazione e le scarse infrastrutture rendono estremamente difficili le misure di distanziamento sociale. Per continuare efficacemente la quarantena, Gaza ha bisogno di test sufficienti per assicurarsi che nessuno esca prematuramente dall’isolamento, di farmaci sufficienti per curare i pazienti che arrivano da altri paesi e di un numero sufficiente di Dpi (dispositivi di protezione individuale) per proteggere il personale medico e di sicurezza dei centri di quarantena. Nell’eventualità di un’epidemia a Gaza, l’alta densità di popolazione causerebbe probabilmente molti più casi, e in molte occasioni passerebbe inosservata fino a quando non si manifestano sintomi gravi, con la necessità di un ricovero per un alto numero di pazienti in costose unità di terapia intensiva, molto scarse nella regione. Anche l’Ambasciatore dell’Ordine di Malta in Palestina, Michele Bowe, ha partecipato all’incontro online, sottolineando che l’Ospedale della Sacra Famiglia di Betlemme, gestito dall’Ordine di Malta da 30 anni, “si sta preparando all’epidemia. Covid-19 ha causato la chiusura totale, l’isolamento geografico e l’isolamento economico della regione di Betlemme. Le famiglie non hanno abbastanza soldi per il cibo, per non parlare delle cure mediche. All’Ospedale della Sacra Famiglia mancano importanti attrezzature mediche, ciò che mette in pericolo la vita dei nostri neonati, molti dei quali partoriti prima delle 32 settimane. C’è anche una grande carenza di maschere e un problema di disponibilità di sangue. Siamo al limite”, ha detto Bowe. “Covid-19 rappresenta un nemico comune per chi vive in Israele e in Palestina. Non rispetta i confini, non vede i checkpoint, né l’appartenenza ad una fazione o a un partito politico o i checkpoint. Pertanto, è necessaria una risposta bilaterale in materia di salute pubblica per frenare il contagio. La crisi rappresenta un’opportunità per tutte le parti del conflitto israelo-palestinese di riesaminare le loro relazioni per facilitare una risposta medica efficace e congiunta al virus”.