“Agire subito per tutelare la salute dei migranti costretti negli insediamenti rurali informali e nei ghetti”. È quanto chiesto in una lettera aperta – indirizzata al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio dei ministri, e ai ministri dell’Agricoltura, del Lavoro, dell’Interno, della Salute e del Sud – alcune associazioni, capeggiate da Flai Cgil, da enti e da privati cittadini. Tra i firmatari, vi sono Caritas, Fondazione Migrantes, Acli Terra nazionale, Fabio Ciconte, direttore di “Terra! – campagna #FilieraSporca”, don Luigi Ciotti, presidente nazionale di “Libera” e “Gruppo Abele”. “Esprimiamo profonda inquietudine e sentimenti di estrema preoccupazione per le migliaia di lavoratori stranieri che abitano nei tanti ghetti e accampamenti di fortuna sorti nel nostro Paese”, si legge nella lettera. “Molti di loro sono impiegati nel settore agricolo, più che mai indispensabile per la sicurezza alimentare della cittadinanza e la tenuta collettiva”. “Come è noto – evidenziano i firmatari – le condizioni dei braccianti che oggi raccolgono i prodotti destinati alle nostre tavole sono spesso inaccettabili” e “il rischio è che il Covid-19 arrivi in quegli aggregati, tramutandoli in focolai della pandemia, e motivo di fondata apprensione”. Secondo i firmatari, “i ragguardevoli provvedimenti assunti dal Governo per l’emergenza coronavirus non prendono in considerazione queste realtà”, e “non ci risulta da parte degli organi istituzionali alcun intervento specifico di prevenzione in questi contesti altamente a rischio”. Tale situazione viene definita “una allarmante discrasia che richiede correttivi istituzionali immediati in una cornice di monitoraggio preventivo nonché di presa in carico degli eventuali casi di Covid-19”. Secondo i firmatari, “i Prefetti, alla luce degli ulteriori poteri loro conferiti dal Dpcm del 9 marzo u.s., possono assumere autonomamente iniziative o adottare disposizioni volte alla messa in sicurezza dei migranti e richiedenti asilo presenti sul territorio, mediante l’allestimento e/o la requisizione di immobili a fini di sistemazione alloggiativa”. “Le risorse necessarie per gli eventuali interventi di rifacimento e adeguamento degli immobili requisiti – si suggerisce nella lettera – potrebbero essere attinte dalla dotazione del Piano triennale contro lo sfruttamento e il caporalato”. Nella lettera si pone all’attenzione che “molti stranieri si trovano oggi in condizioni di irregolarità acuite dai decreti sicurezza e non vanno in cerca di lavoro per timore di essere fermate ai posti di blocco”, e per questo “diventa fondamentale una regolarizzazione per far emergere chi è costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità”. “È necessario – concludono – rafforzare le misure di contrasto al lavoro nero e favorire l’assunzione di chi sta lavorando in maniera irregolare, applicando i contratti collettivi agricoli” attraverso “soluzioni strutturali che, soprattutto in condizioni di eccezionalità, non possono attendere”.