Pastori che non saranno in grado di effettuare la transumanza stagionale a causa della chiusura dei confini; sistemi sanitari “sotto scacco” (0,5 medici ogni 1.000 abitanti nella regione); spedizioni interrotte dall’Europa; possibile crollo dei prezzi delle materie prime esportate dalla regione. Sono le criticità che il coronovirus Covid-19 ha determinato nella regione del Sahel, in Africa occidentale, dove 19 milioni di persone erano già a rischio sicurezza alimentare dopo anni di siccità e conflitti.
“Sebbene i Paesi dell’area abbiano agito, con largo anticipo, per contenere il virus e abbiano una preziosa esperienza nel controllo di altre epidemie come il colera, l’ebola o il morbillo, un collasso delle strutture sanitarie o la mancata protezione del personale sanitario potrebbe determinare conseguenze dirette sulla mortalità causata da altre malattie, come la malnutrizione”, hanno spiegato Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la fame, e Mamadou Diop, rappresentante regionale West and Central Africa dell’organizzazione. “Va ricordato che il sistema sanitario in Sahel è sotto pressione per dieci mesi su dodici e che in poche settimane, con l’arrivo della stagione delle piogge, cominceranno ad aumentare i casi di malnutrizione tra i bambini di età inferiore ai cinque anni”.
Tra i problemi segnalati da Azione contro la fame quelli relativi alla chiusura delle frontiere che limiterà anche i movimenti dei civili che fuggono dalla violenza in aree come il nord del Mali o il bacino del Lago Ciad. Le restrizioni riguarderanno pure gli spostamenti legati alla pastorizia, uno dei principali settori che garantiscono la sussistenza in queste regioni. Ma ci sono anche altri effetti indiretti che preoccupano Azione contro la fame: l’impossibilità di isolare i contagi nei campi profughi o nelle aree sovraffollate delle periferie; le conseguenze di uno stop all’economia informale, che garantisce il sostentamento di migliaia di famiglie ogni giorno; lo shock economico legato alla chiusura dei mercati per agricoltori e pastori, che dipendono dalla vendita dei loro prodotti e non dispongono di meccanismi di protezione sociale. Un’altra grande sfida, connessa alla chiusura dei mercati, riguarda l’impossibilità per le famiglie di conservare prodotti freschi, che potrebbero così registrare un aumento insolito dei prezzi.
“La protezione del personale sanitario e il rafforzamento della capacità dei sistemi sanitari nella diagnosi delle malattie – si legge in una nota – saranno cruciali nelle prossime settimane”. Azione contro la fame invita anche la comunità internazionale a una risposta che tenga conto delle conseguenze socioeconomiche legate alle restrizioni messe in atto per contenere la diffusione del virus, con particolare attenzione ai rifugiati e alle donne.