In piena pandemia da coronavirus continua la demolizione, da parte di Israele, di case, strutture idriche e igieniche nella Cisgiordania occupata. Dal 21 febbraio, da quando, cioè, ha confermato il suo primo caso di Covid-19, Israele ha demolito 69 strutture palestinesi, sfollando 63 persone e trasferendone altre 417. Le strutture comprendevano 28 proprietà residenziali e sette impianti idrici e igienici. Un terzo delle opere distrutte o sequestrate erano aiuti umanitari offerti da Stati donatori. Azioni che, denuncia il Consiglio norvegese per i rifugiati (Norwegian Refugee Council, Nrc), minano gli sforzi per frenare il Covid-19 e sono in aperta violazione del diritto internazionale. Tra i piani del prossimo governo israeliano, si legge in una nota di Nrc, c’è anche quello di annettere unilateralmente gran parte della Cisgiordania. Un esproprio di terra che non solo priverebbe i palestinesi del loro diritto ad una autentica autodeterminazione, ma taglierebbe anche il coordinamento tra le autorità israeliane e palestinesi necessarie per contrastare la diffusione di Covid-19 tra i due popoli. “È obbligo legale di Israele – ricorda Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati – proteggere la salute e la vita dei palestinesi sotto occupazione. Esortiamo le autorità israeliane a porre fine immediatamente alla distruzione e al sequestro illegali di proprietà in Cisgiordania, compresi gli aiuti umanitari”. Questo “non è il momento di minare gli sforzi globali per prevenire la diffusione del coronavirus. La comunità internazionale deve agire per garantire che Israele rispetti il diritto internazionale e si unisca alla richiesta globale di porre fine ai conflitti politici per combattere la pandemia, piuttosto che aumentare la vulnerabilità dei palestinesi sotto occupazione”, afferma Egeland. Dal canto suo l’Ica (Israeli Civil Administration) ha dichiarato che non distruggerà residenze abitate in Cisgiordania per mitigare la diffusione del coronavirus, ma senza estendere il congelamento ad altre strutture, comprese quelle cosiddette “Wash facilities”, essenziali per prevenire l’infezione. Nrc denuncia anche che “le restrizioni imposte dalle Autorità israeliane e palestinesi per contenere il Covid-19 hanno isolato le comunità più vulnerabili dai mercati locali paralizzando la loro capacità di guadagnarsi da vivere. Contrariamente al pacchetto di incentivi approvato per sostenere l’economia israeliana e la popolazione sottoposta a misure sanitarie pubbliche, Israele – rimarca Nrc – ha demolito anche 28 strutture agricole e di sostentamento palestinesi nell’area C (sotto controllo israeliano, ndr.), minando ulteriormente la capacità delle famiglie colpite di provvedere a se stesse e alle loro comunità. Israele ha inoltre fallito nel prevenire la violenza dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà, in seguito all’ondata di attacchi denunciati dalle Nazioni Unite dopo lo scoppio di Covid-19”.