“Negli ultimi dieci anni, in Italia, se da una parte abbiamo avuto grossi tagli sulla salute, dall’altra è aumentata la produzione delle armi. Il paradosso è che, in questo momento, siamo capaci di produrre revolver, bombe, mitragliatrici e munizioni, ma non mascherine, ventilatori e presidi sanitari. Siamo in grado di fabbricare più proiettili di morte che non costruire ‘colpi’ di vita”. La denuncia è di mons. Domenico Battaglia, vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti. “Ci stiamo accorgendo adesso dell’enorme errore. Soprattutto in questo drammatico momento che stiamo vivendo in Italia e nel mondo intero, non possiamo non sentire il bisogno umano e civile di levare la nostra voce contro questa enorme ferita. È il tempo, per tutti, di rivedere le ‘priorità’ sui disagi sociali nel nostro Paese. Più che investire sulla produzione di armamenti investiamo sulla tutela della salute!”, aggiunge il presule, che sottolinea: “Viviamo una situazione gravissima sia sul piano sanitario – con ospedali sovraffollati, personale sanitario esposto in prima linea – sia su quello economico, con conseguenze enormi per le famiglie dell’intero Paese, a maggior ragione per quelle già in difficoltà o al limite della sussistenza”. Tale situazione attuale “impone attenzione reale verso chi sta vivendo enormi fatiche, disagi e sofferenze. Attenzione e rispetto, soprattutto, verso chi è malato, chi ha perso i propri cari, chi ha familiari ed amici ricoverati in ospedale, chi sta patendo, e gratitudine verso chi si sta facendo in quattro come i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari tutti e gli operatori di volontariato”.
Visti, quindi, i tagli alla sanità a livello nazionale e vista l’attuale situazione di emergenza, “nell’ottica del darci tutti una mano, reciprocamente, e di una migliore copertura su tutto il territorio, è senza dubbio necessaria la riapertura, in tutta Italia, di strutture ospedaliere pubbliche non più attive e la disponibilità di strutture private, per decongestionare le strutture sanitarie e, nello stesso tempo, dare un contributo concreto verso persone e familiari che, in questo momento, stanno facendo molta fatica nella sofferenza. Ma senza farle diventare moderni lazzaretti”.