“La luce pasquale non diventi una rarefatta luminosità quando, speriamo presto, dovremo tornare alla vita normale. Sia una normalità irrorata da nuova saggezza, dedizione, senso di appartenenza. Appartenere a qualcuno è un legame, ma non appartenere a nessuno è non importare a nessuno. Che la Madonna ci aiuti a desiderare di appartenere a Gesù: saremo più felici tutti”. È l’auspicio espresso dall’arcivescovo di Genova, il card. Angelo Bagnasco, nell’omelia pronunciata durante la messa di Pasqua celebrata nella cattedrale di San Lorenzo senza partecipazione dei fedeli.
“La Pasqua – ha osservato l’arcivescovo – non è un simbolo che dipende dalle vicende umane così da assumerne le cangianti tonalità, bensì la chiave per leggere gli accadimenti e poterli vivere in modo cristiano. Ridurla a simbolo significa cancellarla dal mondo o farne la festa di primavera”. “La Pasqua – ha spiegato Bagnasco – è un mistero, e il mistero, nel linguaggio della fede, non è oscurità, ma luce così intensa da non poterla com-prendere, cioè costringere in categorie umane. È qualcosa che ci supera e che ci è donato per aprire le nostre tombe dove a volte viviamo rinchiusi diventando incapaci di sopportare la luce”. “La croce di Gesù – ha proseguito il porporato – non cancella le croci dell’esistenza, ma l’assurdo, il vuoto di senso”. E “la Pasqua di Gesù è proprio la negazione del vuoto: è il grande sì di Dio all’uomo, alla sua vita per il tempo e per l’eternità”, ha sottolineato il cardinale, notando come “dal buio del sepolcro” sbuchi “una luce che fa impallidire i lumini con i quali l’uomo si rischiara quando dimentica la luce del cero pasquale. Il fulgore esce misteriosamente da una tomba, ma non c’era altro luogo da cui potesse uscire: doveva entrare nella tana dell’oscurità, sfidarla a duello, esserne piegata, per poi vincerla ed esplodere nel mondo. Tutto è cambiato”.
L’arcivescovo si è poi soffermato su “quanto bene c’è nel mondo: bene umile, nascosto, quotidiano, spesso eroico! Questo fiume benefico scorre nelle viscere dell’umanità ed ha i nomi e i volti di famiglie, anziani, malati, lavoratori solidi, sacerdoti e anime consacrate, ragazzi e giovani, che – come artigiani del Risorto – costruiscono il mondo della Pasqua”. “Di questo grande popolo fanno parte quanti oggi, come l’antico Cireneo, portano la croce di tanti malati e soli, quanti hanno dato la vita, quanti sentono nella carne i morsi della povertà crescente. Questo popolo – la certezza di Bagnasco – non s’arrende, e tutti vogliamo farne parte, perché è la continuazione storica della risurrezione del Dio-con-noi”.