“A nome dei 250 cappellani delle carceri italiane è nostro desiderio esprimerle il ringraziamento per aver offerto ai detenuti e agli operatori del carcere di Padova la possibilità di commentare le stazioni della Via Crucis in questo inedito Venerdì Santo. Tutto il mondo sarà in preghiera con lei, per riflettere sulla Passione del Signore e per lenire la sofferenza e il grido di paura e di dolore dei 62mila imprigionati nei nostri istituti penitenziari”. Lo scrive l’ispettore generale dei cappellani delle carceri d’Italia, don Raffaele Grimaldi, in una lettera a Papa Francesco per ringraziarlo delle attenzioni e la costante vicinanza che riserva al mondo delle carceri, anche in questo periodo segnato dal coronavirus.
“Le meditazioni sono una occasione provvidenziale per aiutare la nostra società a riflettere, a non emarginare e a non restare neppure indifferenti davanti a coloro che hanno sbagliato, ma che vogliono rialzarsi dal loro male e ritornare nella società riparando gli errori compiuti. Anche le carceri – evidenzia don Grimaldi – stanno vivendo momenti di grande sofferenza e di solitudine, di smarrimento e di paura. Per questo, nella nostra missione quotidiana accanto ai ristretti, affidiamo il loro dolore alla sua preghiera di Padre”.
Facendo riferimento alle messe celebrate il Giovedì Santo da Papa Francesco, negli scorsi anni, in varie carceri, l’ispettore generale immagina il Papa, con la “sua tenerezza di Padre”, “spiritualmente e simbolicamente lavare ancora una volta i piedi scoraggiati e stanchi di uomini e donne soli, marchiati, ammalati, immigrati, poveri. Essi sono il simbolo dell’umanità invisibile, emarginata e nascosta da una società egoista, globalizzata e concentrata sul benessere”.
In questi giorni difficili, afferma il sacerdote, le parole del Pontefice “portano conforto e tanta speranza anche ai molti operatori che prestano la loro opera e lavorano per la sicurezza affinché nelle carceri sia garantita indistintamente l’attenzione necessaria”.
L’ispettore nella lettera ricorda anche quanto sia il mondo delle carceri una realtà marginale: “Santo Padre, questa è la povertà nelle carceri!”. Ma, aggiunge, “ci sono ancora tanti altri poveri ‘sacramento di Gesù Cristo’ nelle celle della solitudine, frutto dello scarto di una società ripiegata su se stessa, che non possono essere difesi, non hanno mezzi, non hanno famiglia, non hanno casa e affollano inutilmente le nostre carceri. I carcerati sono i poveri nascosti, solo il cuore, l’amore e la misericordia possono renderli visibili ai nostri occhi”.