Sei indigeni contagiati, tra cui il primo di etnia yanomami, e due deceduti, anche se in un contesto urbano. Sono questi i dati relativi ai contagi di Covid-19 di cittadini brasiliani appartenenti a organizzazioni indigene, secondo quanto appare sul sito del Cimi, il Consiglio indigenista missionario. Numeri ancora bassi, ma sufficienti per confermare la preoccupazione per l’estensione della pandemia tra popolazioni che potrebbero risultare particolarmente fragili ed esposte al virus per la loro vulnerabilità epidemiologica. Intanto, un sondaggio della Rete indigena svizzera rivela che su 19 villaggi indigeni intervistati in varie zone del Paese ben 8 hanno deciso di chiudersi in quarantena totale, non sentendosi tutelati dal Governo federale e non permettendo alle persone di entrare o uscire. Gli altri villaggi, con varie difficoltà strutturali, mantengono sporadiche uscite per potersi procurare medicine e cibo. I dati sono stati ricevuti dai leader tra il 24 e il 27 marzo.
Preoccupazione anche in Venezuela. Secondo i dati ufficiali del governo venezuelano, non sono stati segnalati casi positivi di Covid-19 in popoli indigeni in Venezuela. Tuttavia, fa notare un articolo della rivista Sic del Centro Gumilla di Caracas, è accertato che ci siano casi positivi in Stati con significative presenze di popolazioni indigene, come Anzoátegui, Apure, Monagas, Bolívar, Sucre e Zulia. Un caso di coronavirus è stato rilevato anche nel dipartimento colombiano di La Guajira, alcune persone di etnia Yukpa sono risultate positive a Cúcuta (Colombia), oltre al già citato primo caso di uno yanomami in Brasile.