“Avevano un fortissimo legame con il papà. La prima volta che le ho viste erano abbracciate, proprio attaccate fisicamente al padre, l’unica persona loro rimasta, figura di cui fidarsi e dal quale si aspettavano amore e protezione”. Don Fabio Balzarin, parroco di di Santa Maria Annunziata a Marano Vicentino, racconta in un’intervista al Sir il suo incontro con le due sorelline adolescenti, orfane della mamma uccisa un anno e mezzo fa dal padre che tentò di spacciare l’omicidio per suicidio, alla vigilia del funerale. Una doppia violenza: l’assassinio della mamma e il tradimento della fiducia. Ad accogliere le sorelline una casa famiglia di un paese vicino gestita dalle suore Orsoline, dove sono rimaste fino all’estate 2019 quando sono state affidate a una zia che abita a Cesena e le ha portate con sé. Dopo la morte di Anna, la mamma, racconta il sacerdote, “abbiamo cercato il modo migliore per aiutare le ragazze. I parrocchiani, ma anche le insegnanti e i genitori dei compagni di classe sono stati loro vicini; le colleghe della mamma hanno organizzato una raccolta fondi per loro. Si è deciso di non fare manifestazioni a caldo ma solo un anno dopo, nel novembre 2019, il Comune ha organizzato una fiaccolata alla quale ha partecipato tutta la comunità. Per l’occasione è stato inaugurato uno Sportello donna a lei intitolato con l’obiettivo di sensibilizzare contro la violenza sulle donne, offrire strumenti di prevenzione e incoraggiare le vittime di maltrattamenti a denunciare prima di arrivare ad una strada senza ritorno”. La comunità si è stretta intorno alle ragazzine, proteggendole anche da indiscrezioni di certa stampa locale rispettose della memoria della mamma. “Abbiamo voluto far sentire loro che non sono sole, ma accompagnate; che la vita può dare loro ancora tante possibilità e va vissuta con fiducia e speranza”. Ma la vicenda di Anna, conclude il parroco, “deve servirci come monito per tenere sveglia l’attenzione su questa drammatico fenomeno sociale ormai diffuso, e sulle vittime che lascia sul campo”. È come se l’intera comunità avesse detto: “Questa ferita ci riguarda tutti: sono anche figlie nostre”.