“I sacerdoti sono chiamati al ‘ministero della riconciliazione’, esercitandolo nel Sacramento, che va vissuto con impegno, dedicazione e amore. Il servizio della misericordia investe inoltre l’esistenza di un’intera comunità, di chiunque nella Chiesa in preghiera si renda disponibile all’esercizio profetico della riconciliazione”. Lo ha evidenziato padre Pietro Bovati, predicatore degli esercizi spirituali alla Curia romana per la Quaresima, nella seconda meditazione di ieri nella casa di Ariccia, sul tema “L’intercessione”, intesa come “quell’intervento di soccorso amorevole” che è esercitato verso persone che hanno “bisogno di perdono e di riconciliazione con Dio”. Secondo il resoconto di Vatican News, il teologo gesuita ha sottolineato che si tratta del “ministero più spirituale” sia perché ha per oggetto un bisogno e una finalità che “toccano il cuore”, “il segreto della persona”, sia perché “più di ogni altro” presuppone una “vera familiarità con Dio”, dato che si rivolge a chi è “spiritualmente in difficoltà perché è nel peccato”. Nella sua meditazione p. Bovati ha osservato che il peccatore, peraltro, “non si rende conto di quello che ha fatto”, per ignoranza, per superficialità o “per una terribile assuefazione al male”, quando si è “prigionieri di vizi compulsivi” che impediscono “decisioni sensate”. L’intercessore “ottiene da Dio” la misericordia nella sua preghiera – ha osservato il teologo -: da qui mette in atto una serie di “azioni”, “modalità”, “atteggiamenti” e “operazioni” che sono necessari “per far sì che i peccatori accedano al dono della misericordia divina”. Riferendosi a “colui che ha responsabilità nella Chiesa”, p. Bovati ha affermato che “è chiamato ad avere un ‘atteggiamento paterno’, con attenzione a ‘chi è più piccolo’”. In questi giorni – ha riflettuto il teologo -, in cui è “più che mai attuale la problematica degli abusi su minori”, su persone “fragili”, si fa “più acuta e necessaria” la sollecitudine “dei grandi”, chiamati a “difendere, promuovere e edificare i piccoli”.