“La situazione che stiamo vivendo in tutto il Paese e nel Nord Italia in particolare è di un’emergenza difronte alla quale nessun professionista della salute si è tirato indietro, in particolare gli infermieri che ci sono e svolgono un ruolo essenziale su tutti i fronti, dal triage in ospedale al 118, dai setting ospedalieri a bassa ed alta complessità, dall’assistenza domiciliare al dipartimento di prevenzione”. Barbara Mangiacavalli, presidente Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche (Fnopi), ma anche direttore sociosanitario dell’Asst Milano Nord e, quindi, in primissima linea in questi giorni, fa il punto sulla situazione degli infermieri che si sono trovati dalla sera alla mattina ad affrontare un’emergenza di livello internazionale. “Alcuni operano al di là delle loro forze”, sottolinea, “anche a rischio della propria salute, in particolare nelle zone ritenute ad alto rischio”, ma la carenza di professionisti di cui soffre il paese, e che da tempo la Fnopi denuncia, si è fatta sentire nel peggiore dei modi con l’emergenza Covid-19 “per la quale solo nell’immediato e nelle zone a maggior rischio servirebbero almeno 5-6000 infermieri in più da subito”. “In Italia – ricorda Mangiacavalli – ne mancano oltre 53mila, di cui la maggior parte (almeno 30mila) sul territorio, dove la soluzione ideale è quella dell’infermiere di famiglia/comunità scritta nel Patto per la salute 2019-2021, che se fosse già attuata potrebbe assistere sia i singoli che le famiglie (circa il 50% dei casi ha bisogno di quarantena domiciliare) e, proprio in casi come questi, intere comunità. Per questo ora non possiamo più perdere tempo e assume carattere d’urgenza la sua attivazione in tutte le Regioni (ne servono circa 20mila dei 30mila sul territorio)”. Richiamare in servizio “i colleghi pensionati – conclude – rappresenta sì una risposta immediata, ma un placebo rispetto alla necessaria terapia d’urto”.