“Nel caso in cui il Covid-19 dovesse diffondersi in Yemen assisteremmo alla peggiore catastrofe umanitaria del secolo”: ne è convinto Abdulrahman Jaloud, direttore di “Yemeni Archive”, associazione umanitaria che riunisce attivisti per i diritti umani, giornalisti, tecnici impegnati a documentare le violazioni e i crimini compiuti da tutte le parti in lotta nel Paese dove infuria una guerra da oltre sei anni. Al momento in Yemen non si sono registrati casi ma, afferma il direttore, “si registrano scene di panico per possibile contagio da parte di medici e infermieri, oltre che di famiglie” alle prese già con “una epidemia di colera e con patologie correlate alla povertà, alla malnutrizione e alla condizione di sfollati”. Si calcola che nel Paese siano 3,2 milioni gli yemeniti che necessitano di un trattamento per malnutrizione acuta, condizione questa che li rende più vulnerabili al virus. “Pertanto – aggiunge Jaloud – l’accesso all’assistenza sanitaria sarà assolutamente importante nel prossimo periodo”. “Yemeni Archive” ha registrato oltre 130 attacchi contro strutture mediche da parte sia della coalizione a guida saudita (72 attacchi) che delle forze Houthi (52 attacchi), appoggiate dall’Iran. Tre raid sono stati compiuti da Al-Qaeda e altrettanti da forze fedeli alla coalizione a guida saudita, di tre attacchi gli autori non sono stati identificati. “Tutte le parti in conflitto – ribadisce Jaloud – devono cessare immediatamente gli attacchi contro gli ospedali”. Secondo l’agenzia umanitaria dell’Onu, Ocha, circa la metà di tutte le strutture mediche è inagibile a causa del conflitto. “Le promesse di un cessate-il-fuoco per contenere il coronavirus non si sono concretizzate e le ostilità sono continuate e documentate anche nell’ultima settimana”, spiega Jaloud che ricorda come “i lavoratori yemeniti, in maggioranza, siano giornalieri che escono di casa per guadagnare un reddito. Un blocco ai loro movimenti li ridurrebbe ancora di più in povertà. Se il virus si diffonde, i civili saranno costretti a scegliere tra uscire e rischiare il contagio o rimanere in casa e rischiare di morire di fame”.