Una testimonianza d’unità. E, insieme, la necessità di fare uno sforzo comune. Questo il senso della presa di posizione comune di cristiani ed ebrei di Panama, espressa ieri attraverso un videomessaggio nel quale si invita la popolazione a rimanere a casa, per fermare la pandemia del Covid-19, che nel Paese dell’istmo sfiora i mille contagi, con 24 decessi: un dato che pone il Paese al quinto posto in tutta l’America Latina (e largamente al primo in America Centrale) nella triste “classifica” dei casi di coronavirus.
“Rendiamo testimonianza della nostra grandezza rimanendo a casa” è l’esortazione dell’arcivescovo di Panama, mons. José Domingo Ulloa Mendieta, di mons. José Agustín Ganuza, vescovo emerito della prelatura di Bocas del Toro, e del rabbino Gustavo Kraselnik della Congregazione Kol Shearith Israel.
“Viviamo in tempi difficili, ma con fede e speranza andiamo avanti”, si legge nel messaggio nel quale si chiede a ebrei, cristiani, cattolici, credenti e non credenti di sentirsi tutti fratelli, legati l’un l’altro.
Ebrei e cristiani si uniscono nella fede e nell’unico Dio e nella preghiera, invitando nel contempo il popolo panamense a usare questo tempo per riflettere e dare valore alle persone vicine, rimanendo a casa.
L’arcivescovo di Panama ha ribadito che “Dio non disprezza mai un cuore contrito e che siamo guerrieri del Signore, non siamo un popolo che ha paura, siamo un popolo che ha fede”. Aggiungendo: “La nostra storia panamense è stata segnata da eventi buoni e cattivi, da cui abbiamo imparato” E ha concluso: “Ci siamo resi conto che eravamo nella stessa barca, tutti fragili e disorientati; ma, allo stesso tempo, importante e necessario, tutti chiamati a remare insieme”. Il messaggio è arrivato il giorno successivo alla solenne preghiera con la quale tutti i vescovi panamensi hanno rinnovato la consacrazione del Paese alla “Nostra Signora della Antigua”, patrona di Panama.