“È l’ora del pianto, ma è anche l’ora della compassione. Un’ora che è scoccata sulla terra all’improvviso e si diffonde con la stessa rapidità della terribile pandemia di questo tempo”. La compassione è la risposta indicata da Gesù come “via d’uscita alla morte, al dolore, alla paura”. Lo ha detto l’arcivescovo ordinario militare (Omi) per l’Italia, mons. Santo Marcianò, durante la messa celebrata ieri sera nella cappella dell’Ordinariato, a Roma, e trasmessa via streaming sulla pagina pagina Facebook delle Serve dei Cuori Trafitti di Gesù e Maria. Commentando il passo della risurrezione di Lazzaro, l’arcivescovo castrense ha affermato che “il virus sembra distruggerci, umanamente siamo inermi: mancano strumenti scientifici, preventivi, sanitari; manca la forza di pazientare nelle limitazioni; manca in molti casi il cibo e il fantasma di una crisi economica vive già nella povertà e nella disperazione di molti, affranti dalla fame, dalla perdita del lavoro”. Un allarme sociale che il Papa richiama continuamente e che, secondo mons. Marcianò, “interpella pure le decisioni del mondo politico, la cooperazione tra gli Stati, prima di tutto nella nostra Europa che, in questo delicato momento, è chiamata a decidere su quali politiche condivise e su quali valori rifondarsi. È Europa perché comunità; guai a dimenticarlo”. L’ordinario militare, richiamando la radice greca della parola sepolcro, la stessa del termine memoria, ha poi dichiarato che “il presente è tempo di memoria; forse aiutati anche dal silenzio delle nostre quarantene, è il tempo di non dimenticare come la compassione di Dio operi meraviglie nella storia della nostra vita, nella storia umana. In un frangente tragicamente segnato da generazioni di anziani sgominate da tante morti, rischiando di cancellare le nostre radici, è tempo di ricordare quanto i nostri padri ci hanno narrato. Penso ad esempio al dramma della guerra, del quale riviviamo oggi alcune sfumature, e che perdura in molte parti del mondo”. La compassione, ha aggiunto, “illumina, oggi, l’impegno nelle frontiere dei reparti ospedalieri, lo sconvolgente sfilare dei mezzi in cui voi, militari, trasportate e vegliate tanti fratelli morti in solitudine, i controlli accurati che dovete svolgere… ma anche le pazienti file dinanzi ai supermercati, la dedizione di coloro che lavorano per aiutarci a vivere, i gesti semplici di chi non dimentica i poveri e gli anziani, la creatività di chi sostiene e i bambini, il silenzio di chi offre la propria preghiera o la sofferenza. È la compassione che libera dall’indifferenza, genera il pianto e risponde al pianto. E apre il Cuore di Dio”.