“Abbiamo ricevuto all’improvviso come uno schiaffo brutale: siamo stati costretti da un giorno all’altro a cambiare totalmente abitudini e consuetudini; a rimanere chiusi in casa, smarriti e preoccupati per il futuro; privati di una vicinanza, quella vera e reale, fatta di abbracci, di baci, di strette di mano”. Così scrive l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, in una lettera, “#chiciseparera”, inviata ai fedeli della diocesi. “Ogni giorno possiamo constatare la fragilità e la precarietà dell’essere umano, nonostante gli impressionanti e meravigliosi progressi della scienza, della tecnica e della medicina. Anche il ritmo normale della vita cristiana – annota l’arcivescovo – è stato interrotto, con le celebrazioni eucaristiche domenicali e feriali che nutrono la fede e sostengono la carità; i diversi momenti di condivisone, formazione e fraternità”. “Non saremo più quelli di prima”, rimarca mons. Boccardo, che dall’8 marzo scorso ogni giorno feriale alle 18 (i festivi alle 11) celebra la Messa dal duomo di Spoleto, trasmessa in diretta sulla pagina Facebook della diocesi. “Non sappiamo quanto durerà questa crisi, né dove ci porterà” ma qualcosa si potrà apprendere anche da questa situazione: “La solitudine e il silenzio che abitano le nostre giornate ci possono insegnare innanzitutto a coltivare uno sguardo contemplativo ed accogliente sulle persone, sulle vicende e sul mondo; a crescere nella pazienza rinunciando alla tentazione disumanizzante del ‘tutto subito’; a trovare libertà nella attenzione all’essenziale, non solo quanto all’avere ma anche quanto al fare: fare meno per imparare a fare meglio e insieme; assaporare la grazia della fraternità e dello stare in famiglia; coltivare relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal reciproco perdono; possiamo riscoprire la bellezza della sobrietà che fa posto alle gioie dell’interiorità, quelle che purificano lo spirito, liberano l’anima e restituiscono lucentezza allo sguardo”. Ogni sera mons. Boccardo, dal balconcino del primo piano del palazzo vescovile, traccia “un segno di croce per invocare la benedizione di Dio su ogni casa e su ogni abitante della diocesi”. “Contate su questo gesto orante – conclude – che assume in questi mesi una valenza particolare: vuole dire la sollecitudine, l’amicizia e la preghiera con le quali il vescovo condivide con tutti i suoi diocesani il tempo della prova”.