“Come pensiamo di sconfiggere il coronavirus se si continua ad alimentare la nascita di sempre nuovi focolai?”. A porsi la domanda è padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, associazione che riunisce gli istituti socio-sanitari gestiti da enti religiosi, che da giorni lamentano di non aver mai ricevuto un Dpi dalla Protezione Civile, nonostante abbiano messo a disposizione Istituti sanitari con interi reparti dedicati, alberghi e personale sanitario. “Perché tali sono diventate tante Rsa sparse sul territorio del Paese e anche Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, come l’Oasi di Troina in Sicilia”, spiega Bebber: “Non hanno mezzi per proteggersi e vivono in tanti in comunità, con spazi molto limitati per poter rispettare le distanze indicate. E si infettano praticamente tutti, ospiti e assistenti. E poi si snocciola la lamentela dei numeri di infettati dal virus e dei morti”. Quanto ai Dpi, denuncia Bebber, “ci è anche impossibile acquistarne in proprio, perché ci rispondono che è tutto riservato”. Costringere la popolazione a stare in casa e poi alimentare focolai nelle istituzioni “che dovrebbero servire a curare e guarire è certamente una pericolosa contraddizione”, denuncia l’Aris, rendendo noto che “i maggiori disagi in questo senso ci vengono segnalati dalla Regione Lazio, dalla Puglia e dalla Sicilia, ma siamo certi che, se non si pone riparo, l’emergenza si allargherà anche ad altre regioni”. “Solo i nostri vescovi ci stanno aiutando – conclude Bebber – ma non è certo con la sola loro buona volontà che possiamo salvare la gente malata di Covid-19 che accogliamo quotidianamente”.