“Il Signore non è distante dalla nostra sofferenza”. È un invito alla speranza quello lanciato oggi dall’arcivescovo di Oristano e amministratore apostolico di Ales-Terralba, mons. Roberto Carboni, per accompagnare il popolo in quest’ultima parte del cammino quaresimale e alle celebrazioni pasquali che quest’anno registreranno – a causa dell’emergenza coronavirus – numerose variazioni e riduzioni di numero rispetto al passato. Rimarranno le liturgie storiche: Domenica delle palme, Giovedì santo la messa in coena Domini, ma senza “lavanda dei piedi”; l’adorazione della croce il Venerdì santo, veglia pasquale semplificata il Sabato santo. Alle autorità locali sarà chiesto di autorizzare la presenza di qualche laico (5-6 persone) sistemati nei banchi a distanza di sicurezza e con i dispositivi protettivi individuali (mascherine). La messa crismale sarà rinviata.
“Siamo tentati di chiedere a Dio ragione di questa emergenza; sappiamo che il Signore – dice l’arcivescovo – non manda virus o malattie, ma è piuttosto la nostra fragilità creaturale che ci espone a questi eventi che spesso non possiamo prevedere”. “Attraverso il dono dell’intelligenza e dell’empatia – aggiunge mons. Carboni – Dio ci ha dato la capacità di collaborare, di aprirci agli altri, di sentire come il dolore di altri uomini e donne è anche nostro; ci sprona a trovare strade per affrontare e risolvere il problema, per creare una rinnovata umanità che si renda conto di essere fragile ma in questa fragilità si senta più unita e disposta a superare le divisioni che la feriscono. Dovremmo leggere con attenzione questi segni che ci ricordano come contrasti e fratture rendono ancora più difficile il vero bene di tutti”.
Anche se può sembrare strana la chiesa aperta ma vuota o il suono delle campane che invitano a una celebrazione che non ci sarà, “quelle campane e quella porta aperta su una chiesa deserta ci ricordano – dice l’arcivescovo – che il tempio siamo noi, che possiamo cercare e trovare il Signore nel nostro cuore”.
Per mons. Carboni, questa emergenza è occasione propizia per riscoprire la famiglia. “Se non possiamo andare nella chiesa di pietra, facciamo ‘chiesa’ in famiglia. Siamo talmente abituati a identificare la Chiesa con la presenza del sacerdote, che non ci ricordiamo che tutti, nel battesimo, facciamo parte del popolo di Dio”.
In questo periodo i parroci ricorrono, per rendere partecipi i fedeli, all’uso dei social e trasmettono in streaming la celebrazione eucaristica. Questo “ci aiuta e conforta, ma dobbiamo a questo aggiungere – raccomanda il presule – anche la nostra parte, il nostro ascolto. Solo così il digiuno eucaristico potrà essere mitigato dal nutrimento della Parola”.