“Il contact tracing digitale certamente può essere una soluzione normativa straordinaria per tracciare con i dispositivi mobili spostamenti e dati sanitari così da mappare le persone contagiose, ma tale eccezionalità non potrà mai discriminare i soggetti fragili e malati”. Lo scrive sulla rivista scientifica “Diritto Mercato e Tecnologia” Alberto Gambino, presidente di “Scienza & Vita” e dell’Italian Academy of the Internet Code . “Occorrerà scongiurare – prosegue il giurista – che il singolo dato sanitario correlato all’emergenza del coronavirus possa essere combinato con altri dati così da consentire attraverso gli analytics di costruire un vero e proprio fascicolo sanitario elettronico del cittadino contagiato”. “Per essere concreti – aggiunge Gambino – è doveroso introdurre da subito, nello stesso decreto, una norma che inasprisca il traffico illecito di dati sanitari, così da impedire aberranti due diligence sullo stato di salute della cittadinanza per le finalità più bieche: dal marketing mirato verso chi necessita di medicinali, alla commercializzazione delle biografie sanitarie ai fini di un’assunzione lavorativa, passando per lo stigma sociale e i ricatti onerosi per impedire la rivelazione di tali dati a terzi”. “L’unica soluzione normativa efficace – conclude Gambino – è quella di inserire tale fattispecie tra i reati dell’art. 601 del codice penale che sanziona la tratta di esseri umani, in quanto anche nel caso del traffico della salute delle persone si mina profondamente la loro dignità”.