“Purtroppo le Caritas del nord sono attaccate da più fronti. E’ come dover percorrere un bosco completamente in fiamme: bisogna uscirne vivi”. Così don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, descrive al Sir le tante difficoltà che incontrano nei territori, perché è complicato operare per aiutare le persone più bisognose con le restrizioni imposte. Tanto più che gli stessi operatori e volontari sono colpiti. “Stamattina – racconta – ho parlato con la direttrice della Caritas di Mantova: gli uffici sono chiusi ma lei lavora pur avendo perso il padre ieri sera a causa del coronavirus”. A significare una “tragedia di una efferatezza senza precedenti, perché viene negato tutto, anche la possibilità di piangere un parente quando muore”.
Le diocesi e le Caritas di tutta Italia stanno sistemando e mettendo a disposizione le proprie strutture per il personale sanitario e gli ex pazienti in quarantena, le persone senza fissa dimora, gli ex detenuti. Oltre 60 le realtà che si sono rese disponibili, una mappa in continuo aggiornamento. “In molte regioni la Protezione civile e la Croce rossa chiedono aiuto alla Caritas – spiega don Soddu -. Ma dobbiamo trovarci su un tavolo comune per affrontare il problema insieme, non è soltanto un discorso sanitario. È un problema che riguarda tutta l’umanità a 360°”. “E se dovesse arrivare in un campo profughi, Dio ce ne scampi, cosa potrebbe succedere?”, si chiede don Soddu. “Tutte le Caritas, tranne un paio, stanno continuando a garantire la distribuzione di viveri – dice -. Nessuno muore di fame. Le mense convenzionate con i comuni continuano ad operare con tutte le garanzie a debita distanza” e i centri di ascolto, ad esempio, si sono riconvertiti in numeri verdi telefonici. Però, prosegue, “mancano i volontari, perché molti sono anziani e non possono più svolgere il loro servizio. I giovani devono aiutare i genitori a casa, per cui si è determinato uno stallo enorme. Il volontariato puro è impedito nelle proprie scelte e nel proprio mandato”. In questo periodo le Caritas diocesane hanno quindi bisogno di volontari e di capire “come organizzare i servizi nuovi per essere vicini alle persone a cui nessuno pensa: gli anziani soli, le persone disabili, i non vedenti”. Di positivo, conclude, “c’è tanta solidarietà tra le diocesi anche se non ci può muovere nella maniera consueta, spostando aiuti materiali e persone”. Oggi ha inviato una circolare a tutte le Caritas per ricordare che è lecito spostarsi all’interno del proprio Comune per l’approvvigionamento del cibo.