Dopo la chiusura, nei giorni scorsi, dell’ambasciata italiana a Kabul, a seguito del primo caso di coronavirus in Afghanistan, “si attende un miglioramento della situazione e per questo non va sottovalutata la pericolosità del contagio”. È quanto scrive padre Giovanni Scalese, religioso barnabita che guida la Missione sui iuris in Afghanistan, nel bollettino della Missione pubblicato oggi e pervenuto al Sir. “Lunedì 23 marzo – afferma il barnabita – ho celebrato l’ultima Messa con le Suore. L’affluenza alla liturgia domenicale era già calata in queste ultime settimane, un segno chiaro che molti fedeli erano tornati nei propri paesi o confinati nei loro compound”. In attesa di un miglioramento della situazione p. Scalese annuncia: “Continuerò a celebrare la messa tutti i giorni, al solito orario (17.30). Quindi, se qualcuno vuole unirsi, può farlo. Purtroppo, non sono dotato delle strutture per lo streaming delle celebrazioni”. Tuttavia il religioso suggerisce di seguire la messa di Papa Francesco ogni mattina alle 7 (le 10.30 in Afghanistan) su vaticannews.va e i programmi liturgici della tv Ewtn. Per quanto riguarda i riti della Settimana Santa, scrive p. Scalese, “non so se sarà possibile celebrarli, poiché richiedono la partecipazione dei fedeli o, almeno, di alcuni ministri. Comunque ogni volta che ci sarà la possibilità di celebrare la Messa, lo farò”. Intanto nella base italiana di Herat tre componenti dell’Esercito e uno dell’Aeronautica militare sono risultati positivi al Coronavirus e si trovano in isolamento. I quattro non hanno avuto alcun contatto con il personale sul campo. Dal canto loro le autorità afgane rafforzato il dispositivo di controllo sanitario alle frontiere terrestri con Cina ed Iran e presso gli aeroporti di Kabul, Herat e Kandahar. Il ministero della Salute pubblica afghano ha adottato un protocollo che prevede controlli all’ingresso di tutti i viaggiatori provenienti da paesi considerati a rischio, inclusa l’Italia.