“Siamo vicini alla Pasqua. Non sappiamo il modo in cui la celebreremo. Ma una cosa è certa: anche se dovesse succedere di non poter ancora manifestare la nostra fede incontrandoci fisicamente, possiamo essere uniti a Lui e tra noi spiritualmente”. Così mons. Giovanni Paolo Zedda, vescovo di Iglesias, conclude la sua riflessione pubblicata sul sito web della diocesi. L’emergenza coronavirus, “che ci impone la rinuncia a celebrare l’Eucaristia con il popolo – scrive −, non impedisce a noi sacerdoti il dovere e la gioia di presentare al Signore nella preghiera le esigenze e le necessità di tutti i nostri fratelli e delle famiglie; e non toglie ai battezzati la responsabilità della preghiera e della testimonianza della fede e della carità verso tutti, con sicura speranza”. Sacrifici che “possono e devono aprirci ad accogliere e accompagnare con maggiore partecipazione la sofferenza di chi, contagiato, deve affrontare un lungo e rischioso periodo di cura, e il dolore di chi ha trovato la morte e dei familiari che non hanno potuto essergli vicini negli ultimi momenti. Siamo chiamati ad essere prossimi nella preghiera e nel sostegno ai medici e agli operatori sanitari” e non possiamo dimenticare “chi è seriamente preoccupato per le inevitabili conseguenze economiche, occupazionali e sociali” e chi “ha responsabilità istituzionali e deve assumere adeguate decisioni, talvolta pesanti, per il bene comune”. Tuttavia la crisi è anche una opportunità “per riscoprire il valore della fratellanza e della corresponsabilità”, per “costruire nuove modalità di incontro con i fratelli nella comunità umana” e “riscoprire il senso della preghiera, uniti spiritualmente a tutta la Chiesa, ogni giorno”. Infine, è “l’occasione per chiederci: le nostre abitudini e le nostre scelte ci riempivano davvero la vita? Spegnevano in noi la sete del vero significato della nostra esistenza?”.