Il Papa “ha manifestato il suo convinto consenso alla decisione, presa come episcopato toscano, di continuare a tenere aperte le nostre chiese, con le dovute attenzioni igienico-sanitarie, perché, pur non potendo essere luoghi di assemblea liturgica, continuino a offrire accoglienza alle persone che singolarmente vogliano andarvi a pregare o a svolgere quelle forme di vita sacramentale che hanno modalità di esercizio individuale, come confessioni e comunioni private, anche in questo caso con le necessarie precauzioni per non favorire il diffondersi del virus”. Lo scrive in una lettera ai sacerdoti di Firenze, l’arcivescovo il card. Giuseppe Betori, che ieri è stato ricevuto in udienza privata in Vaticano da Francesco. Il titolo cardinalizio del porporato è quello di San Marcello al Corso, chiesa che custodisce il crocifisso “miracoloso” davanti al quale ha pregato il pontefice domenica scorsa. Tra gli argomenti discussi anche le misure per l’emergenza sanitaria. “Il segno di una chiesa aperta indica che la vita della Chiesa, pur privata delle sue espressioni fondamentali, non è però spenta nella sua sostanza”, aggiunge il cardinale. Che sottolinea l’importanza della celebrazione quotidiana della messa “senza concorso di popolo”, ma “certamente per il popolo”, “come vogliamo continuare a segnalare con il suono delle campane”. “Il Papa si è rallegrato del permanere della celebrazione dell’Eucaristia nella vita della nostra Chiesa e del sono delle campane a ricordarlo”. “Un particolare plauso – riferisce l’arcivescovo – ha poi rivolto a voi preti quando gli ho accennato al fatto che i tempi difficili non hanno rallentato l’impegno pastorale, ma ne hanno provocato la creatività in tante forme di contatto con la gente sostenute dai nuovi mezzi di comunicazione”.