“In un contesto emotivo che ha visto progressivamente aumentare la preoccupazione per il contagio e in cui gli italiani hanno ridotto al minimo i contatti con le altre persone, le misure più restrittive prese dal Governo erano attese ed auspicate dalla maggioranza degli italiani. Oggi solo pochissime persone pensano che si stiano prendendo misure eccessive, mentre la maggior parte della popolazione sta facendo i conti con abitudini e ritmi di vita che sono cambiati repentinamente”. È quanto emerge dall’Osservatorio Swg su “Il Coronavirus in Italia” diffuso oggi.
Dalle rilevazioni eseguite su maggiorenni italiani nelle ultime settimane emerge che a seguito dei provvedimenti adottati dal Governo sono cambiate le nostre abitudini: in particolare, è cambiato il modo in cui stiamo con gli altri (per il 91% degli intervistati), ci si diverte (82%), facciamo la spesa (70%), ci informiamo (64%), lavoriamo (50%). Nel giro di una settimana, la scelta di tenere lontane le altre persone è diventata maggioritaria. La percentuale di chi cerca di stare a distanza dalle persone è passata dal 38% al 68%, quella di chi non stringe più la mano a nessuno dal 38% al 58%, mentre quella di chi non frequenta luoghi affollati dal 52% è arrivata al 69%. Inoltre, “la preoccupazione degli italiani rispetto alla pandemia è cresciuta esponenzialmente, al pari della sua diffusione”, arrivando a coinvolgere il 91% degli intervistati per poi scendere all’88% dopo il Dpcm dell’11 marzo. Secondo le rilevazioni dei Swg, all’aumentare della preoccupazione è cresciuta l’esigenza di interventi drastici; dopo il Dpcm dell’11 marzo è però aumentata “significativamente” la quota di “cittadini soddisfatti dell’azione del Governo”.
Rispetto alle conseguenza dell’emergenza sanitaria, in due settimane è passata dal 31% al 51% la percentuale di chi teme di perdere il lavoro o che persone a loro vicine possano perderlo. In questa fase, gli italiani che ne fanno ricorso ritengono lo smart working più un disagio che un’opportunità: per il 6% è un grave disagio, per il 50% un disagio gestibile, il 33% un’opportunità, il 9% un sollievo mentre il 2% non sa.
Tra gli italiani è diffusa la sensazione che l’emergenza non si risolverà in poche settimane ma che durerà ancora due o tre mesi (50%). Infine, le prime due settimane di marzo hanno “sbriciolato le ottimistiche previsioni di fine febbraio” circa il numero massimo dei decessi (5mila) in Italia.