“Il coronavirus non è una maledizione o una punizione da parte di Dio. Tuttavia, in queste circostanze dolorose, Dio ci mostra che non siamo creature onnipotenti, ma al contrario fragili e vulnerabili. Nonostante tutti i suoi successi, la scienza non può risolvere il problema della sofferenza, della morte e del male. Dio ci mostra che abbiamo bisogno l’uno dell’altro, che dobbiamo prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle, che dobbiamo imparare a vivere accogliendo Dio nella nostra vita”. È l’arcivescovo di Mosca, mons. Paolo Pezzi, che scrive così ai suoi fedeli, mentre le autorità russe oggi parlano di 63 casi in tutta la Federazione e annunciano la chiusura dei confini con la Bielorussia oltre che la creazione di un “gruppo di lavoro speciale” per la lotta al contagio. La vita nella Federazione per ora prosegue normalmente, ma mons. Pezzi raccomanda ai sacerdoti le misure di sicurezza, dalla distanza all’igiene, dal non baciare le icone alla distribuzione della comunione “senza toccare le labbra con le dita. Se necessario, e se ciò non causa troppo disagio tra i fedeli, è loro permesso prendere la Santa Comunione nelle mani”. “Penso che Dio ci dia un momento epidemico come momento favorevole per riconoscere la nostra confusione, la paura dell’ignoto, il bisogno di abitudini per imparare a fidarci di lui”, scrive il vicario generale don Sergej Timashov sempre sul sito dell’arcidiocesi, “per riconoscere la sua bontà nella nebbia circostante di incertezza”.