“Le colf trattate come Cenerentola”: è un grido di dolore quello che arriva dalla Federcolf, il sindacato dei collaboratori e collaboratrici familiari, al quale aderisce anche l’organizzazione cattolica Api-Colf, siano esse baby sitter e assistenti familiari (badanti), che stanno perdendo il lavoro a causa dell’emergenza coronavirus. “Il tragico momento che l’Italia sta vivendo, non può lasciare spazio al panico e all’improvvisazione – afferma la Federcolf -, la paura è legittima, ma va gestita attraverso la responsabilità che ognuno di noi ha verso se stessi e la collettività, partendo dal rispetto delle misure adottate dal governo”.
Il sindacato critica in particolare che durante la trasmissione “Italia sì” andata in onda il 14 marzo su Rai1, “sia stato suggerito alle famiglie di mettere in ferie le proprie colf oppure di licenziarle”. “Tutto ciò – osserva Federcolf – mentre il Governo ha annunciato l’impegno di agevolare economicamente le famiglie nell’assunzione di una baby sitter, a riprova che questo è sempre un lavoro socialmente utile e, in momenti come il presente, addirittura un servizio essenziale per molte famiglie”. In entrambi i casi non si tiene in considerazione, secondo il sindacato, “che molti lavoratori domestici continuano a lavorare con sacrificio e personale rischio per la salute, anche perché in gran parte addetti a lavori di cura delle persone (soprattutto anziani e bambini) e magari conviventi con il nucleo familiare datoriale”. Ma soprattutto che “anche le colf sono persone e in quanto tali hanno a loro volta paura”, anche loro hanno dei figli e “non possono essere considerate ‘oggetti usa e getta'”. Anche perché la maggioranza sono immigrati e “non possono, al momento, neanche uscire dall’Italia”. La Federcolf chiede quindi di applicare il Contratto collettivo nazionale per il lavoro domestico che prevede, quando è il datore di lavoro a sospendere il rapporto (art. 19, comma 1), di corrispondere al lavoratore “la retribuzione globale di fatto, ivi compreso, nel caso di lavoratore che usufruisca del vitto e dell’alloggio, il compenso sostitutivo convenzionale, sempreché lo stesso non usufruisca durante tale periodo di dette corresponsioni”; quando invece è la colf a sospendere il rapporto “per gravi e documentati motivi il lavoratore potrà richiedere un periodo di sospensione extraferiale senza maturazione di alcun elemento retributivo per un massimo di 12 mesi. Il datore di lavoro potrà, o meno, convenire con la richiesta”. Suggerimenti pratici per la prevenzione, sia da parte della famiglia sia della colf, sono sul sito Federcolf.