“In questi giorni ci uniamo agli ammalati, alle famiglie, che soffrono questa pandemia. E vorrei anche pregare oggi per i pastori che devono accompagnare il popolo di Dio in questa crisi: che il Signore gli dia la forza e anche la capacità di scegliere i migliori mezzi per aiutare”. È la preghiera del Papa, nella quinta messa in diretta streaming da Santa Marta, nel giorno del settimo anniversario della sua elezione al soglio pontificio. “Le misure drastiche non sempre sono buone, per questo preghiamo”, ha proseguito Francesco: “Perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio. Che il popolo di Dio si senta accompagnato dai pastori e dal conforto della Parola di Dio, dei sacramenti e della preghiera”. Il Papa, ovviamente, non si riferisce alle misure prese dal governo per contenere i contagi evitando gli assembramenti pubblici, ma si rivolge ai pastori perché tengano conto delle esigenze dei fedeli che hanno bisogno di essere accompagnati spiritualmente in un momento così drammatico.
“Il popolo deve sempre custodire nella memoria l’elezione che è un popolo eletto, la promessa per guardare avanti con speranza e l’alleanza per vivere ogni giorno la fedeltà”, ha detto Francesco commentando la parabola dei vignaioli omicidi, che al contrario hanno dato luogo ad una “storia di infedeltà, di infedeltà alla elezione, di infedeltà alla promessa, di infedeltà all’alleanza, che è un dono”. “L’elezione, la promessa e l’alleanza sono un dono di Dio”, ha spiegato il Papa: “L’infedeltà al dono di Dio è non capire che era un dono e prenderlo come proprietà. E il dono che è ricchezza, è apertura, è benedizione, è stato chiuso, ingabbiato in una dottrina di leggi, tante. È stato ideologizzato. E così il dono ha perso la sua natura di dono, è finito in una ideologia. Soprattutto in un’ideologia moralistica piena di precetti, anche ridicola perché scende alla casistica per ogni cosa. Si sono appropriati del dono”. “Questo è il grande peccato”, il monito di Francesco: “È il peccato di dimenticare che Dio si è fatto dono lui stesso per noi, che Dio ci ha dato questo come dono e, dimenticando questo, diventare padroni. E la promessa non è già promessa, l’elezione non è già elezione: ‘L’alleanza va interpretata secondo il mio parere, ideologizzata’. Qui, in questo atteggiamento, io vedo forse l’inizio, nel Vangelo, del clericalismo, che è una perversione, che rinnega sempre l’elezione gratuita di Dio, l’alleanza gratuita di Dio, la promessa gratuita di Dio. Dimentica la gratuità della rivelazione, dimentica che Dio si è manifestato come dono, si è fatto dono per noi e noi dobbiamo darlo, farlo vedere agli altri come dono, non come possesso nostro”. “Il clericalismo non è una cosa solo di questi giorni, la rigidità non è una cosa di questi giorni, già al tempo di Gesù c’era”, ha fatto notare il Papa: “Chiediamo oggi al Signore la grazia di ricevere il dono come dono e trasmettere il dono come dono non come proprietà, non di un modo settario, di un modo rigido, di un modo clericalista”.