“Che fretta c’è? Finalmente in questi tempi, pur difficili e complicati, almeno ci si parla con calma, senza dover correre. Come? Al telefono. Sto riscoprendo la bellezza del contatto vocale”. Lo scrive mons. Walter Amaducci, parroco a San Pietro in Cesena e vicario episcopale per la pastorale, in una intervista al direttore del settimanale diocesano “Corriere cesenate”. “L’altro giorno una persona mi ha detto: mi si sta scaricando la batteria, dal tanto tempo che eravamo a colloquio. Che bello, ho esclamato. Pensa che bello. Da quanto non capitava più così? – sottolinea mons. Amaducci –. Ho chiamato tutti gli ammalati della parrocchia. Tutti, uno a uno. Alla fine li ho anche benedetti. Ho capito che per loro è importante sentire la voce di qualcuno che si fa vicino, anche se solo via cavo. E poi il telefono fisso, un’altra riscoperta. Si avverte il bisogno, oggi che siamo costretti a rimanere chiusi in casa, di un rapporto vivo, anche se non è possibile di persona. Questi sono solo alcuni degli effetti collaterali positivi di questo ritiro forzato da Coronavirus”. Ecco allora la ricetta di mons. Amaducci: non solo indicare alla gente questo non si deve fare e questo altro pure. Non solo un elenco di divieti che può diventare anche deprimente. “Possiamo, vogliamo e dobbiamo riscoprire il rapporto personale, anche telefonico-vocale, come una risorsa e un tesoro a disposizione”. E poi ancora: “Visto il tanto tempo a disposizione, venga impiegato in maniera proficua. Dico ogni giorno il Rosario intero, le 200 Ave Maria divise nei misteri gaudiosi, della luce, dolorosi e gloriosi”. In questo tempo, che si è come di colpo dilatato, “ora trova spazio l’adorazione eucaristica in chiesa (quella rimane sempre aperta), per chi vuole ogni giorno, dalle 18 alle 19, con le dovute distanze richieste dai decreti del governo Conte. Senza canti, senza Eucaristia da distribuire, ma lì davanti al Signore, in silenzio. Un silenzio non vuoto, ma contemplativo. C’è lo spazio anche per dei lavoretti manuali – conclude mons. Amaducci – per tenere in ordine e per organizzare la propria giornata, come sempre. Guai se una persona si lasciasse andare. E questo vale anche per i sacerdoti. Rispettare i soliti orari e la disciplina consueta, per una giornata densa, da scandire con azioni piene di significato”.