L’infezione da coronavirus Covid-19 non si trasmette in gravidanza da mamma a figlio ma Giuseppe Noia, docente di medicina prenatale al Policlinico Gemelli e presidente dell’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc), in un’intervista al Sir suggerisce, in caso di mamma positiva, il parto cesareo, anche se, afferma, “vediamo che anche i bimbi nati per via vaginale sono risultati negativi”. Occorre inoltre fare attenzione al rischio contagio post partum: meglio evitare contatti ravvicinati e quindi differire l’allattamento al seno, tirando e raccogliendo il latte che qualcun altro potrà somministrare al neonato. Sulla possibilità di malformazioni fetali in caso di infezione contratta nel primo trimestre di gravidanza, spiega che sul Covid-19 “non abbiamo dati di infezione al terzo mese, quindi elementi certi, però per estrapolazione rispetto ai due coronavirus precedenti – Sars e Mers – che pur essendo diversi da quello attuale, nell’80% hanno lo stesso genoma, non vi sono dati in letteratura che parlino di un aumento di malformazioni. Il solo caso di infezione da Sars avvenuta a 7 settimane di gravidanza ha condotto alla nascita a 38 settimane di un bimbo assolutamente sano”. Alla domanda se in gravidanza il sistema immunitario di una donna cambi, Noia replica che “nella donna gravida si verifica una immuno-modulazione, cioè la donna si difende in maniera differente. Assumendo omega tre, acido folico e diversi ricostituenti, in qualche modo le difese immunitarie tendono a proteggerla meglio ma non si può dire che si rafforzino”.