L’invito di Papa Francesco ai giovani “Alzatevi”, contenuto nel suo messaggio per la Giornata mondiale della gioventù che si celebra quest’anno a livello diocesano il prossimo 5 aprile, Domenica delle Palme, “suona strano alle nostre orecchie: gli spostamenti di questi giorni sono sempre più limitati. Non è una battuta e non c’è ironia. Piuttosto qualcosa di molto serio da riconoscere: il messaggio del Papa è molto bello nel suo richiamare il legame dell’atto di alzarsi con un verbo di risurrezione”. Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, rilegge così il messaggio del Papa per la XXXV Gmg, intitolato “Giovane, dico a te, alzati”. Un messaggio che definisce “sferzante. I giovani non vanno solo accarezzati, blanditi come fossero una specie in via di estinzione. Hanno bisogno di sfide, altrimenti la vita apparirà ai loro occhi come una passeggiata insignificante. Alzarsi proprio mentre tutti, attorno a te, ti dicono di stare fermo. È la sfida che il Papa chiede di vivere come svolta culturale: una svolta che gli stessi adulti fanno fatica ad accettare dentro e fuori la Chiesa, ma che potrebbe avere un sussulto significativo se cominciasse a muoversi nel cuore dei giovani”. Una sfida che coinvolge anche gli educatori, gli adulti, perché non siano “come sabbia negli ingranaggi, favorendo quel clima culturale che sembra blandire i giovani, ma in realtà non offre loro provocazioni responsabilizzanti, spazi di messa alla prova di sé, terreni di sfida dove potersi esprimere”. Per don Falabretti occorre “una svolta culturale” e “non qualche evento spot”. Una svolta “chiede possibilità di progettare, di trovare spazi di lavoro, di essere nella condizione di costruire stabilmente legami per potersi aprire ai vicini e al mondo. Di nuovo: è un cammino da fare insieme. Tenendo conto che non è difficile contare sull’entusiasmo di ogni giovinezza. Più difficile è contare sull’appoggio di chi, di fronte alla vita, non staccherà mai il corpo dalla propria sedia perché prigioniero delle proprie disillusioni e comodità. Non scherziamo: a stare comodi, di questi tempi, non sono certo i più giovani”.