“È la forza della preghiera che deve guidarci in questo tempo inquieto. La preghiera cambia il cuore, unisce e non allontana pur nella forzata necessità di stare in solitudine. Fa guardare avanti con speranza”. È il messaggio che rivolge alla diocesi, in questo momento di difficoltà, il vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, mons. Sergio Melillo.
“Preghiamo per la diocesi, per i nostri paesi, per le comunità parrocchiali, per i sacerdoti, per chi ha responsabilità istituzionali, per il commissario della nostra città, per gli amministratori, per le famiglie in difficoltà, per i medici, per chi opera nei luoghi dove si vive l’esperienza del dolore. Penso al nostro Ospedale ‘S. Ottone Frangipane’, le case di cura, le residenze per gli anziani e i diversamente abili, gli ammalati, i detenuti nel carcere, le diverse realtà produttive e commerciali messe a dura prova da Covid-19”.
Il presule esprime un auspicio: “Questo viaggio, al termine della notte, nel deserto ‘quaresimale’, sia spazio interiore che restituisca il senso cristiano all’attuale congiuntura”. Dunque, “la vita va alimentata dal Vangelo e la Chiesa non può fare a meno del polmone della preghiera, del respiro spirituale tra la gente”. Come Mosè, “abbiamo bisogno di levare in alto le mani con la preghiera, che è la ‘pietra’ che sorregge”.
Di qui l’invito: “Attingiamo alla risorsa del silenzio, del raccoglimento che abita le chiese aperte per la preghiera personale. Chiese abitate dal Cristo nel Tabernacolo, luce perennemente accesa nel buio della tribolazione”.
Ancora il vescovo si dice “accanto” a “sacerdoti, alle parrocchie, alle religiose, a quanti si dedicano con abnegazione ai servizi assistenziali: medici, operatori sanitari, forze dell’ordine, uomini e donne delle istituzioni, volontari, famiglie e associazioni”. E per tutti ha “parole di gratitudine, di incoraggiamento e di preghiera!”
In questo momento “è vitale sentirsi accomunati dalla preghiera”. Allora, “preghiamo a distanza – come ci è chiesto, per la tutela della salute – con il S. Rosario, la ‘dolce catena che ci unisce a Dio’. Lontani fisicamente, tra le pareti domestiche, ma prossimi! Non è tanto la vicinanza fisica che ci unisce a Cristo, ma è Cristo che ci associa a Lui anche se siamo lontani”.