“Si esce dal buco nero del coronavirus se, guardando avanti e scommettendo sul futuro, si progetta un mondo ‘nuovo’ rispettoso dell’uomo e della natura. Questo virus chiama la politica a riflettere seriamente sulle sue finalità, sulle sue priorità, sulla relazione con i beni primari della vita”. Così scrive, nell’editoriale “Coronavirus. Un mondo fragile”, Piero Fassino, presidente del Centro studi di politica internazionale (Cespi), pubblicato sul sito del think tank che si occupa di relazioni internazionali. Una richiesta, afferma Fassino, che arriva da “quei milioni di giovani che in tutto il mondo hanno raccolto l’appello di Greta a fermare il degrado del pianeta. Ce lo chiedono quei tanti scienziati oggi in prima linea nel difendere la vita dall’insidia mortale di un bacillo sconosciuto. Ce lo chiedono quei tanti profughi che fuggono da guerre che la comunità internazionale non è capace di fermare. Ce lo chiede quella moltitudine di donne e uomini che emigra dalla propria terra quando invece vorrebbe trovare ragioni di vita e dignità nel luogo in cui è nato e cresciuto”. Per il presidente del Cespi, “serve un cambio di passo, un mutamento di paradigma. Serve la consapevolezza che il destino del mondo – e il destino di ciascuno di noi – richiede una assunzione di responsabilità individuale e collettiva. E che nessuna anonima tecnologia può sostituire la ragione umana, i sentimenti che muovono cuore e cervello, le relazioni interpersonali, il senso di appartenenza a una comunità, i valori civici e sociali che presiedono alla convivenza”. “Da questa dolorosa epidemia il mondo uscirà. Ma non è indifferente – conclude – se la archivierà come un brutto incidente o ne trarrà forza per intraprendere un cammino nuovo”.