“Se la situazione è eccezionale, in quanto tale essa non può essere oggetto di regole di carattere generale e astratto, se pure nella forma delle ‘raccomandazioni’. Un documento che abbia caratteristiche generali è logicamente incompatibile con quello stato di emergenza che sfugge alle catalogazioni. Se i motivi dell’emanazione delle raccomandazioni sono comprensibili (tutelare i medici da ingiuste aggressioni), tuttavia esse presentano il rischio di togliere al medico il diritto-dovere di provvedere, nel caso concreto, alla scelta giusta, in quanto appropriata alla situazione clinica che egli si trova a fronteggiare”. Lo evidenziano il Centro studi Rosario Livatino e l’Associazione medici cattolici italiani, a proposito delle raccomandazioni offerte dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) rispetto all’emergenza sanitaria legata al coronavirus. Secondo il Centro studi Livatino e l’Amci, le raccomandazioni “risentono non poco dei più recenti interventi normativi e giurisdizionali in tema di fine-vita”, tanto che invitano a considerare “con attenzione l’eventuale presenza di volontà precedentemente espresse dai pazienti attraverso eventuali Dat (disposizioni anticipate di trattamento)”.
Il Centro Livatino e l’Amci chiedono “di evitare il preventivo abbandono in attesa di pazienti più meritevoli: se le ‘raccomandazioni’ fossero intese in questa direzione, alla fine il giudizio etico diventerebbe superfluo, introducendo una sorta di automatismo, invece del necessario esame della situazione concreta che il medico ha davanti”. Infatti, se arriva in reparto una persona che può essere curata e salvata, nessuna ‘raccomandazione’ può dissuadere dal curarla sulla base della previsione che altri potrebbero avere bisogno a breve della terapia intensiva. Il criterio non può essere solo quello della priorità temporale: non possono esserci criteri diversi dalla appropriatezza clinica, considerata sotto l’aspetto della ragionevole speranza di guarigione. Ogni altro criterio apre le porte a una discrezionalità che sfocia nell’arbitrio sanitario”.
Non solo: “L’emergenza terminerà: con sforzo enorme, con sacrifici, in tempi oggi non prevedibili. Nessuno però può assicurare che ‘raccomandazioni’ varate con le migliori intenzioni in un tempo eccezionale, domani non divengano i criteri ordinari, in linea con un orientamento affermatosi in non pochi Stati nel mondo, a fronte di risorse per la sanità sempre strutturalmente limitate. In altri termini, le ‘raccomandazioni’ non devono offrire al governo la strada per ridurre ulteriormente le risorse curative in favore della popolazione”.