“Ma come consentire che nessuno resti indietro?”, si è chiesto David Sassoli, intervenendo al convegno romano sul futuro bilancio Ue (Quadro finanziario pluriennale 2021-2027), in corso a Roma. La Commissione europea “ha preso l’impegno di presentare 50 proposte legislative nei prossimi due anni. Saranno interventi che modificheranno comportamenti industriali e finanziari, le regole dei settori produttivi, che cercheranno di rafforzare il nostro modello sociale, di sviluppare nuove modalità di trasporto, che definiranno alcune priorità nel campo della ricerca”. Secondo il presidente dell’Eurocamera, “non basta annunciare un obiettivo, lo sforzo dev’essere su come raggiungerlo. Ed è per questo che oggi serve che le agende nazionali si adeguino a quella europea. Ed è riconosciuto a Bruxelles che anche nell’ultima manovra di bilancio il governo italiano sia riuscito a mantenere alto lo sguardo strategico sul futuro. Uno sforzo apprezzato che ha concesso ulteriore fiducia al nostro Paese”. Il relatore ha aggiunto: “Adesso però ci troviamo all’inizio di una nuova battaglia. Se il Green Deal è la cornice di interventi che accompagneranno per lungo tempo, le scelte da compiere sul Quadro finanziario pluriennale dell’Unione diventano l’altra faccia della stessa medaglia”. Dunque l’interrogativo di fondo: “Che bilancio vogliamo per i prossimi 7 anni? Dove vogliamo mettere i soldi, o toglierli? Cosa vogliamo diventare? La definizione del nuovo bilancio pluriennale parte da una considerazione molto semplice. Se pensiamo che le nuove proposte avanzate dalla Commissione Von der Leyen dovranno essere finanziate con lo stesso budget del vecchio bilancio dovremmo procedere a tagliare i fondi di tutti i programmi dell’Unione europea. Con un aumento dell’1% non saremmo in grado di mantenere nessun impegno. Dovremmo ridurre i fondi sulla coesione, sulla politica agricola, sulla ricerca, su Erasmus, sull’industria, sul fondo sociale europeo. Per finanziare i nuovi progetti tutto questo è a rischio”. Ma “come potremmo cercare d accorciare le distanze se tagliassimo i fondi della coesione che garantiscono alle nostre regioni e ai nostri territori di raggiungere standard comuni? L’1,07% – rispetto al Pil europeo – proposto dalla presidenza finlandese è di certo insufficiente. Si tratta di 237 miliardi in meno rispetto alla proposta del Parlamento europeo che parte dall’analisi di quanto valgono gli interventi settoriali vecchi e nuovi”. Il Parlamento Ue ha proposto di arrivare a un aumento all’1,3%: “E – ha concluso – non facciamoci ingannare: qui non si tratta di trasferimenti che colpiscono i bilanci nazionali, ma di aumentare le capacità dei nostri Stati membri, e investire sulla loro capacità e crescita”.