“A un anno dalla firma dell’accordo di pace tra il governo della Repubblica Centrafricana e altre parti in conflitto, le vite di milioni di bambini nel Paese continuano a essere minacciate da violenza e mancanza di accesso a cibo, assistenza sanitaria, istruzione, acqua e servizi igienico-sanitari. Tra gennaio e dicembre 2019 sono state segnalate oltre 500 gravi violazioni contro i diritti dei bambini (ovvero uccisione e mutilazione, reclutamento e utilizzo, violenza sessuale, attacchi su scuole e ospedali, rapimento e diniego di accesso umanitario)”. Lo denuncia oggi Christine Muhigana, rappresentante dell’Unicef in Repubblica Centrafricana, ricordando che questi sono “solo i casi verificati, i numeri reali sono quasi sicuramente molto più alti”. Inoltre “è incredibilmente difficile stimare quanti bambini rimangono associati ai gruppi armati, questi sono fra i più vulnerabili e il loro destino rimane poco chiaro”. Ci sono però alcuni segnali di speranza: nel 2019 sono stati rilasciati 1.253 bambini associati a gruppi armati. L’Unicef apprezza anche gli sforzi del governo di adottare un Codice di Protezione nazionale per i bambini. Attraverso sforzi congiunti di advocacy dell’Unicef e dei suoi partner, fra cui la campagna “Agisci per proteggere i bambini colpiti da conflitti” lanciata lo scorso maggio, un disegno di Codice è ora al vaglio del Parlamento per l’adozione. “L’introduzione di questo codice – afferma Muhigana – rappresenterà un momento storico per questo Paese, e per la vita dei bambini di oggi e di domani”. Attraverso un programma di cliniche mobili l’Unicef ha potuto avere accesso anche alle comunità più isolate e remote e portare supporto a migliaia di bambini che soffrono di malnutrizione. Gli ultimi dati evidenziano una diminuzione significativa dei casi di malnutrizione acuta fra i bambini sotto i 5 anni rispetto al 2018, con il 5,8% di malnutrizione acuta generale nel 2019, rispetto al 7,1% dell’anno precedente e al 7,8% nel 2012. I progressi nel rispondere ai tassi di malnutrizione cronica (attualmente circa al 40%, ovvero 2 bambini su 5), tuttavia, sono rimasti stagnanti nei 20 anni passati, “ciò dimostra la necessità di compiere ulteriori sforzi e investimenti in misure di prevenzione a lungo termine per le madri e i loro bambini”, conclude.