Zero tolleranza verso una delle forme più drammatiche di violenza sulle donne: le mutilazioni genitali femminili (Mgf). In occasione della Giornata mondiale di contrasto alle mutilazioni genitali che si cade oggi, Amref Health Africa ricorda l’importanza di intensificare gli sforzi globali per eliminare questa pratica. Le mutilazioni genitali sono una forma di violenza di genere e una grave violazione dei diritti umani. In qualunque forma, sono condannate dalla comunità internazionale. Nel mondo 200 milioni di donne e bambine le hanno subite. Tra le vittime, 44 milioni sono bambine fino a 14 anni. 3 milioni a rischio ogni anno. Il fenomeno riguarda oggi più di 500mila donne e ragazze in Europa e 80mila in Italia. Circa 20mila donne provenienti da Paesi a rischio di mutilazioni genitali cercano asilo nell’Ue ogni anno. Tra Kenya e Tanzania, sono state oltre 17mila le ragazze salvate direttamente, attraverso i riti di passaggio alternativi (riti che segnano il passaggio all’età adulta, delle ragazze, ma bandendo la mutilazione). Amref lavora in Tanzania, Kenya, Etiopia, Uganda, Malawi e Senegal, per contrastare il fenomeno. Sono state circa 500mila le donne e le ragazze che, negli ultimi tre anni, hanno beneficiato dei progetti Amref in questi Paesi. In Kenya, è attivo un innovativo intervento nelle Contee di Samburu e Marsabit. Attraverso il progetto Be4We – sostenuto dalla Commissione europea (delegazione del Kenya) -, Amref mira a raggiungere 32mila donne in età riproduttiva, 25mila uomini, 26.700 ragazze, 16.750 ragazzi, 7.500 alunni e studenti. Sempre in Kenya, nel 2019, è nato Nice place foundation, ispirato da Nice Leng’ete, ambasciatrice Amref e giovane attivista di 27 anni che porta avanti la sua lotta da quasi vent’anni, dal giorno in cui scappò dalla pratica del taglio, diventando un simbolo mondiale. Il progetto è volto a istituire un luogo sicuro dove le ragazze possono essere protette e avviate a percorsi di studio o professionali. In Italia, dopo il lavoro nelle comunità romane, il 2020 prevede l’elaborazione di un “modello Milano”, teso alla sensibilizzazione territoriale delle comunità ad elevata tradizione escissoria e a rischio. Coinvolge gli ambiti sanitario, legale e migratorio. Il progetto è finanziato dall’8 per 1000 della Chiesa valdese.